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Una base solida per un’etica solida

In un tempo di cambiamenti dei principi morali, i due grandi comandamenti portano stabilità.

Da L'Araldo della Scienza Cristiana - 1 maggio 2015

Originariamente pubblicato sul numero del 4 luglio 1988 del Christian Science Sentinel


Abusi politicie di governo; disonestà tra le professioni; connivenze aziendali; maltrattamenti su bambini, anziani e bisognosi; spargimenti di sangue; promiscuità—ogni forma di immoralità sembra venire a galla al giorno d’oggi. E con questo, stanno arrivando anche ripetuti appelli per una più elevata moralità.

Ma la morale di chi? Una volta che siamo d’accordo sulla necessità, chi decide poi per ogni gruppo di persone ciò che è giusto e ciò che è sbagliato? Del resto, la maggior parte della gente condivide con gli altri più di un rapporto sociologico. Dovremmo forse simultaneamente calcare le scene di numerosi set morali magari in conflitto tra loro? O forse abbiamo bisogno di regole di condotta morale completamente nuove.

La risposta giace nella morale testata dal tempo e nella santità di due insegnamenti fondamentali di Cristo Gesù. Una volta un avvocato gli chiese: “Maestro, qual è, nella legge, il gran comandamento?”  E Gesù gli disse: “Ama il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta l'anima tua e con tutta la mente tua. Questo è il grande e il primo comandamento. Il secondo, simile ad esso, è: Ama il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge ed i profeti” (Matteo 22:36-40).

L’obbedienza al primo richiede lealtà esclusiva all’unico Dio infinito, Spirito ed è l’unica base per la genuina unità, la base per l’armonia. Il secondo deriva dal primo e il rispetto del secondo necessita di un atteggiamento onesto, equo e compassionevole nei nostri rapporti reciproci. Insieme, questi comandamenti costituiscono l’unico sistema morale attuabile ed universale.

Ora, se questo secondo comandamento è considerato ed applicato separatamente dal primo (come spesso avviene), perde molto del suo valore spirituale. La sua universalità, immersa nelle nostre culture e modelli di vita, viene ristretta fino a quando di questa legge non rimane altro che ciò che tu od io personalmente decidiamo costituisca amare il proprio prossimo. Si tratta di una morale determinata da opinioni e situazioni, non da un Principio divino che governa tutto; una morale tra uomini, ma senza Dio. Divorziata dallo Spirito, la morale è troppo debole per superare l’ambiguità che ci rende diffidenti verso gli uni, oppure personalmente attratti dagli altri.

La richiesta di uno standard morale più elevato—o meglio, di una pratica maggiormente fedele di principi morali basati sulla spiritualità—trova risposta nel riallacciare il rapporto originale tra il secondo grande comandamento che il Maestro ci ha lasciato e il primo, ovvero basare il nostro amore e reciproco rispetto solamente sul nostro amore per Dio. I due sono infatti inseparabili: una comprensione vera ed un affetto vero per l’uomo non sono mai indipendenti da una comprensione vera ed un affetto vero per il Creatore dell’uomo. Al contrario, una falsa percezione dell’uomo è strettamente collegata ad una falsa percezione della Deità. Che il nostro concetto di Dio provenga da discernimento spirituale, semplice fede o ignorante supposizione, pervaderà il nostro atteggiamento verso la Sua creazione ed il nostro comportamento con i nostri simili.

Quando la nostra visione della natura di Dio è lontana dalla verità, la nostra percezione reciproca  come Suoi figli viene fortemente distorta. In tali condizioni, la condotta immorale può estendersi al punto di venir razionalizzata come la norma. Allora, gli ordini biblici come “non uccidere”, “non attestare il falso contro il tuo prossimo”, “fate del bene a quelli che v'odiano” e “tutte le cose dunque che voi volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro” (Esodo 20:13, 16; Luca 6:27; Matteo 7:12) appaiono defraudati della loro autorità, ridotti ad assomigliare a timide raccomandazioni. Purtroppo, oggi un tale riduzionismo biblico è estremamente evidente.

Tuttavia questa tendenza insostenibile è reversibile ed addirittura evitabile. Attraverso una ricerca consapevole di una giusta comprensione del creatore divino e del rapporto dell’uomo con Lui, coltiviamo la solida morale ed il comportamento etico di cui la società ha moltissimo bisogno.  Fondamentale per questa comprensione è la genitorialità amorevole di Dio come Mente unica, come Spirito infinito— che fornisce tutto il bene, salvaguarda legge e ordine; protegge l’innocenza, istruisce in verità e rettitudine; distrugge la maledizione di Adamo; guarisce impurità, ingiustizia e ineguaglianza; difende il vero valore dell’uomo quale Sua completa progenie interamente spirituale. Egli costituisce l’Amore stesso, che fornisce unità e armonia, sempre, a tutta la Sua creazione. Questo è il Dio giusto e onnipotente che il “primo e grande comandamento”  ci richiede di amare con ogni nostro pensiero, sentimento e desiderio.

Apprezzare l’origine divina dell’uomo con tale profondo e primario impegno significa scoprire la propria vera identità come riflesso di Dio e pertanto discernere l’identità spirituale del nostro prossimo. Il riconoscimento della nostra vera natura, ci spinge a trattarci vicendevolmente con onore e rispetto. Fa sì che viviamo consapevolmente nell’amore del Padre per tutti noi—per ogni uomo, donna e bambino, a prescindere da livello economico, razza, istruzione o credo. Nella creazione di Dio non esistono molte menti in conflitto, ma solo l’espressione individualizzata di una suprema intelligenza infinita. La Scopritrice e Fondatrice della Scienza Cristiana, Mary Baker Eddy, in Scienza e Salute con Chiave delle Scritture scrive: “Con un solo Padre, ossia Dio, tutta la famiglia umana sarebbe composta di fratelli; e con una sola Mente, e quell’una Dio, o il bene, la fratellanza degli uomini sarebbe fatta d’Amore e di Verità e avrebbe l’unità di Principio e di potere spirituale che costituiscono la Scienza divina“ (pag. 469:35).

Questo ideale diventa un’esperienza tangibile proporzionalmente a quanto troviamo il nostro rapporto con Dio. Le controversie irriducibili, le aspirazioni aggressive e le esagerazioni diventano insignificanti e impotenti di fronte a questa identificazione spirituale di noi stessi. Il fatto di riconoscere la piena benedizione e grazia di Dio su di noi in quanto Sua progenie e come Egli provveda a noi senza limiti, inizia a dissipare il desiderio materialistico di approfittare gli uni degli altri e impariamo a vivere insieme con onestà e in pace. In questa fratellanza spirituale, non esiste ragione per mentire, rubare, ingannare e ferire. Mossi da motivazioni esclusivamente divine, l’intera immagine mortale dell’uomo corrotto, disarticolato e vano svanisce.

Quindi, il nostro amore per Dio è strettamente collegato al nostro amore per il genere umano. Dalle profondità di questo amore per Dio, scaturiscono moralità ed etica che soddisferanno la speranza della società per una razza più compatibile. Solamente questo può metterci in grado di trovare la nostra completezza di uomini di Dio.

La missione de l’Araldo

L’Araldo della Scienza Cristiana fu fondato nel 1903 da Mary Baker Eddy. Il suo scopo è di “proclamare l’attività e la disponibilità universali della Verità”. La definizione di “araldo”, come indicata in un dizionario: “colui che avverte — un messaggero mandato avanti per annunciare l’approssimarsi di ciò che segue”, dà un significato particolare al nome Araldo ed inoltre indica il nostro dovere, il dovere di ognuno di noi, di vedere che i nostri Araldi assolvano alla loro responsabilità, una responsabilità inseparabile dal Cristo e annunciata per la prima volta da Gesù (Marco 16:15): “Andate per tutto il mondo e predicate l’evangelo ad ogni creatura”.

Mary Sands Lee, Christian Science Sentinel, 7 luglio 1956

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