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Viaggio verso una guarigione completa

Da L'Araldo della Scienza Cristiana - 17 febbraio 2015

Originariamente pubblicato sul numero del 17 febbraio 2003 del Christian Science Sentinel


Verso la fine degli anni ’80, cominciai a rendermi conto di avere alcuni problemi di memoria, che andavano al di là della dimenticanza occasionale di un nome o di non riuscire a trovare qualcosa. Nel 1991 chiesi aiuto ad un gruppo di ricerca sulla memoria. L’agghiacciante diagnosi fu di demenza senile precoce e fui inserita in uno studio in doppio cieco (un modo per definire un esperimento scientifico dove viene impedito ad alcune delle persone coinvolte di conoscere informazioni che potrebbero portare a pregiudizi consci o inconsci, così da invalidarne i risultati, ndt), per testare il valore di un preparato a base di erbe cinesi.

La mia memoria migliorò significativamente, ma nei due anni successivi comparvero dolorosi problemi fisici. Prima il mal di schiena e spasmi muscolari, quindi un debilitante dolore a un piede, frequenti cadute e sciatica, tutti problemi attribuiti a un deterioramento della colonna vertebrale. In seguito si svilupparono ulteriori malattie tra cui prolasso della valvola mitrale, malattia fibrocistica, problemi di fegato, artrite, una forma lieve di diabete e ipotiroidismo.

Tormentata dal dolore e dalla fatica, smisi progressivamente pressoché tutte le mie attività fuori casa. Continuavo a frequentare la mia chiesa episcopale locale di cui ero membro della sagrestia, ma alle volte dovevo andarmene nel mezzo di un culto o di una riunione a causa dei miei problemi fisici. La mia vita si trasformò in un ciclo continuo di pillole e visite specialistiche.

Mentre un trattamento medico riduceva i sintomi di una malattia, ne comparivano altri. Non volendo più continuare questo percorso verso il basso, cercai altri metodi di guarigione. Nell’agosto del 1993, trovai un medico in grado di trattarmi con l’omeopatia, la medicina ayurvedica, diete speciali e yoga. Nello stesso periodo mi sottoposi anche al Rolfing (una forma terapeutica di manipolazione muscolare) e seguii terapie fisiche.

Interruppi l’assunzione di medicinali, modificai la mia dieta e praticai esercizio fisico. Sostituii le medicine tradizionali con rimedi omeopatici e vitamine. Presto mi sentii meglio e cominciai a riprendere una vita normale. Ma dopo un po’ comparvero nuovi problemi che richiedevano ulteriori rimedi omeopatici. Mi ritrovai di nuovo pillola-dipendente. Infatti, quando dovetti attraversare la frontiera per un viaggio di un mese in Messico, portavo talmente tante pastiglie e pillole che fui trattenuta mentre guardie e cani anti-droga mi perquisivano. Non potevo biasimarli. Ogni angolo dei miei bagagli era imbottito di pillole.

Ma la cosa peggiore fu che si ripresentarono i problemi di memoria, più forti che mai. Questa volta la diagnosi fu di Alzheimer. Le analisi evidenziarono un fattore del sangue associato ad alcuni casi di Alzheimer. Inoltre nella mia famiglia c’erano già stati casi di perdita di memoria e senilità, e un cugino era morto di Alzheimer, sollevando la preoccupazione di una trasmissione genetica.

Nel luglio del 1996, mi fu prescritto il dosaggio più elevato possibile di Tacrina, un farmaco che allora era considerato l’ultima istanza. Questo farmaco non costituiva una cura. Degli studi hanno mostrato che la sua efficacia era fugace e che l’interruzione della somministrazione implicava un declino precipitoso ed irrimediabile verso la demenza.

I mesi che seguirono questa nuova diagnosi costituirono un periodo di totale disperazione. Tuttavia potevo ancora discernere delle benedizioni: la sollecita presenza di mio marito fu fondamentale. Estremamente importanti furono anche i coordinatori e i membri di un gruppo di sostegno per i pazienti malati di Alzheimer. I responsabili del gruppo erano pazienti, attenti e disponibili. Era un sollievo star fuori dall’isolamento e in compagnia di altre persone che si trovavano, anche loro, in una fase intermedia del decorso dell’Alzheimer. Comprendevamo le mancanze gli uni degli altri – anche se non riuscivamo a ricordarci i nomi reciproci. Parlavamo di molte cose, piangevamo ma ridevamo anche e trascorremmo dei momenti molto piacevoli insieme. Era molto raro che questo accadesse ancora nella mia vita in qualsiasi altro posto.

Una donna del gruppo sembrava meno angosciata di tutti gli altri, sebbene fosse forse la più anziana. Di sicuro era la più affascinante di tutte noi, sempre vestita di rasi e crespi splendidi con scialli e gioielli accecanti. Era stata la proprietaria di una boutique a Miami Beach e aveva disegnato il costume da bagno che Betty Grable aveva indossato nella famosa foto da pin-up.

Un giorno le chiesi come facesse a rimanere così calma di fronte ad una tale calamità, e mi rispose: “Quando ero giovane mia madre mi diede un libro di Mary Baker Eddy, e quel libro è la mia rocca. Mi mantiene stabile”. Lo presi per un indizio. Riconobbi il nome Mary Baker Eddy. E sapevo dell’esistenza dei practitioner della Scienza Cristiana, che si supponeva fossero in grado di aiutare a guarire attraverso l’uso della preghiera. Ma esitai all’idea di parlare con uno di loro. Avevo molte paure.

In seguito andai a trovare uno zio a St. Petersburg, in Florida. Un giorno, passando per una Sala di lettura della Scienza Cristiana, notai nella vetrina un libretto sul tema del suicidio. Impulsivamente entrai, e ne chiesi una copia – “da dare ad un amico”. Non voglio dire che avevo tendenze suicide, ma alcune settimane prima ero arrivata pericolosamente vicino al suicidio. Il pastore della mia chiesa mi aveva aiutato a superare la crisi. Avevo promesso a me stessa che non avrei mai più preso in considerazione tale opzione. Ma siccome non volevo assoggettarmi al lento decorso della malattia che mi era stato preannunciato, il pensiero del suicidio indugiava.

Raccontai alla bibliotecaria della Sala di lettura che soffrivo di Alzheimer, e lei mi suggerì di recarmi ad una Sala di lettura una volta rientrata a New York. Una volta lì, esitai nuovamente. Oltre alla paura per la malattia, avevo anche dei timori in relazione alla Scienza Cristiana: e se i practitioner mi avessero respinta? E se avessi provato la Scienza Cristiana, Dio mi avrebbe perdonata per essere uscita dalla mia chiesa? Dal di fuori la Scienza Cristiana sembrava a posto, ma se una volta approcciata fosse risultata cattiva, se non stregoneria o basata sulla dipendenza da qualcuno? Oppure, se fosse stato proprio Dio a volere che morissi in quel momento, non avrei dovuto opporre resistenza alla Sua volontà. Dovevo comportarmi come alcuni avevano suggerito, ovvero gioire nella malattia e donare le mie sofferenze a Dio come un sacrificio? Se anche fossi andata in una Sala di lettura, avrei poi ricordato ciò che mi avrebbero detto?

In breve tempo gli effetti collaterali dei nuovi trattamenti divennero insopportabili. Ridussi il dosaggio, tentando di mantenere qualche beneficio mentre riducevo gli effetti collaterali. Non credevo più che ci fosse alcuna possibilità di sopravvivere. Pregai con tutto il cuore, chiedendo a Dio di risparmiare a me e alla mia famiglia gli ultimi stadi di questa malattia. Speravo che una malattia improvvisa o un incidente mi “portassero via”.

La visita successiva del mio medico rivelò una nuova complicazione, un’infezione del sangue. Il medico era un uomo compassionevole che capiva come mi sentivo: aveva perso la madre a causa dell’Alzheimer. Il suo assistente, medico anche lui, mi chiese se desiderassi un trattamento per la malattia del sangue. Ci pensai per un giorno o due e conclusi che questa nuova diagnosi era un dono di Dio. Rifiutai ulteriori trattamenti.

Alla fine riuscii a fare un programma. Avrei terminato i medicinali che avevo e poi speravo che la combinazione delle mie malattie mi avrebbe portato rapidamente alla fine. Mi sarei fermata in una Sala di lettura della Scienza Cristiana a Manhattan per chiedere se erano in grado di aiutarmi. Cosa potevo perdere? Forse la vita eterna, ma decisi di rischiare. Magari Dio mi avrebbe capita.

Il giorno seguente chiesi ai responsabili del mio gruppo cosa pensassero del mio programma. Mi suggerirono di non tagliare nessun ponte, di lasciare le porte aperte ai medici, ma non vedevano nulla di male nell’andare nella Sala di lettura.

Dopo la riunione, quindi, mi recai alla Sala di lettura sulla 63a strada a Manhattan e descrissi alla bibliotecaria i miei problemi. Senza esitare mi disse che la Scienza Cristiana mi poteva aiutare. Mi consegnò una copia de The Christian Science Journal, e mi mostrò la lista delle inserzioni dei practitioner in esso contenuta. Non me ne consigliò uno in particolare, ma me ne indicò alcuni che si trovavano nella mia zona. Presi appunti, perché le cose entravano ed uscivano dalla mia mente senza lasciare traccia. Mi suggerì di pregare per sapere a quale telefonare.

Il giorno seguente, il 26 gennaio 1998, fissai un appuntamento con un practioner nel suo ufficio. Egli mi ascoltò pazientemente e mi assicurò che la volontà di Dio per me non era che io morissi, ma che io vivessi.

Continuando a pregare per essere guidata, mi sentii spinta a chiamare un’altra practitioner. Essa partì da dove ero arrivata con il primo practitioner. Mentre parlavamo, mi sentivo in pace. Non ricordo esattamente quello che disse, ma sapevo di comprenderlo. Era molto semplice, e letteralmente "bevvi" quello che mi diceva perché la mia esperienza mi aveva reso come una bambina – impotente e dipendente da ciò che era vero, buono e “nutriente”.

"Appoggiati a Dio", mi disse, “Lui ti sosterrà”. Me ne andai con qualche passaggio da leggere su Scienza e Salute. Per fortuna avevo a casa il libro, una copia che avevo acquistato di seconda mano in una libreria molti anni prima, presa dalla curiosità. Allora ne avevo letto un po’, ma non avevo capito un gran che.

Dopo un mese, avevo letto le citazioni molte volte e avevo pregato con tutta la fiducia possibile. Come da programma, smisi del tutto l’uso dei farmaci e cercai di capire e di credere ciò che la practitioner mi aveva insegnato riguardo alla mia natura spirituale e alla mia indissolubile relazione con Dio. Mi appoggiai a Dio per quanto ne fossi capace.

Presi gli ultimi farmaci intorno al 25 febbraio, e poco dopo tornai all’ufficio della practitioner, alquanto sorpresa di ritrovarmi ancora consapevole, in grado di riconoscere chi ero e capace di trovare la strada. Dopo aver sospeso l’assunzione dei medicinali, l’improvviso declino mentale che mi era stato preannunciato non si era verificato. Parlammo un po’, poi mi chiese se desideravo che pregasse. Naturalmente acconsentii, aspettando con impazienza le sue parole.

Chiuse gli occhi, chinò il capo e non disse assolutamente niente. Mi chiesi cosa stesse succedendo. Forse stava formulando mentalmente delle preghiere prima di pronunciarle. Fu un silenzio molto lungo. Alla fine compresi che stava pregando silenziosamente, cosa che mi sembrò piuttosto strana. Cosa stava mai pensando nelle sue preghiere? Alla fine aprì gli occhi e sorrise.

Poche altre parole e il nostro incontro terminò. E questo fu tutto. Proprio così semplice. Nessuna imposizione delle mani, nessun gioco di prestigio, niente di più misterioso di una pacifica conversazione e di una preghiera silenziosa.

"Mi faccia sapere come va", mi disse quando me ne andai. “I risultati sono garantiti”.

Che parole straordinarie: " I risultati sono garantiti". Mentre camminavo per la strada, mi risuonavano in mente. Potevano le sue parole essere vere? Era veramente possibile guarire?

Quella notte non credo di aver dormito nemmeno un attimo. Mi sentivo felice più che mai. Non credo che mi importasse se ero guarita o meno perché c’era quella luce chiara, splendente, pura che mi diceva che Dio era buono. Intuii che Dio è tutto ciò che potremmo desiderare che fosse, e molto di più. Capii che Dio è veramente Amore. Vidi le stelle e i pianeti dell’universo in vasto e pacifico ordine che si muovevano nell’Amore. E sapevo di farne parte. Sapevo che tutti coloro che hanno mai vissuto, vivono e vivranno sempre in questo Amore. E poiché Egli dà un amore così puro, e non manda mai il male, anzi tiene la sua creazione eternamente al sicuro, per la prima volta nella mia vita ero in grado di amare Dio pienamente, ardentemente.

Le settimane seguenti la vita continuò come al solito. Non presi più medicinali e non precipitai nel burrone della demenza. Non pensai all’infezione sanguigna che mi era stata diagnosticata, ma continuai a frequentare le riunioni settimanali del gruppo di sostegno per l’Alzheimer. Mi accorsi di rendermi conto dei membri che mancavano e mi ricordavo avvenimenti occorsi nelle riunioni precedenti. Una volta, mentre uno dei responsabili stava cercando il termine adatto per esprimere un concetto, gli suggerii la parola. Notai lo sguardo sorpreso che si scambiarono i due responsabili, e io stessa ero sorpresa.

La settimana successiva i responsabili del gruppo mi chiesero se non mi sarebbe spiaciuto sottopormi ad una nuova valutazione. Acconsentii, e sentivo che sarebbe andata bene. Il 30 marzo – due mesi dopo la mia prima visita al practitioner della Scienza Cristiana - incontrai un medico dell’ospedale presbiteriano di New York. Mi sottopose a una serie di test simili a quelli che avevo eseguito negli ultimi anni, test che avevo trovato alle volte talmente frustranti da piangere per la mia incapacità. Questa volta li eseguii velocemente, divertita dalla sfida.

Il medico fu felice dei risultati quanto me. Mi disse che li avevo svolti molto bene, sebbene mi avesse anche sottoposto alcuni test che di solito non avrebbe dato a una persona della mia età. Su questi test i risultati erano migliori della media dei ventisettenni; mi disse inoltre che non gli era mai capitato prima di revocare una diagnosi di Alzheimer.

Io e il medico raccontammo la novità della diagnosi revocata a mio marito. Nei nostri 40 anni di matrimonio, solo tre volte gli avevo visto le lacrime agli occhi. Questa volta erano lacrime di gioia.

Da quel giorno, mi sono recata molte volte alla Sala di lettura per leggere e imparare. Ho inoltre cominciato a seguire i culti di una Chiesa del Cristo, Scientista, e le riunioni del mercoledì sera mi sono stati particolarmente utili perché le persone raccontavano le loro guarigioni e i loro percorsi spirituali. Tutto questo mi fu di enorme sostegno ed incoraggiamento nell’acquisizione di una visione della realtà completamente nuova e stupefacente – realtà secondo la quale l’essere spirituale è reale e tangibile. Ora so che la cosa più importante che posso fare è di apprendere di più sulla guarigione attraverso la preghiera e di comprendere come aiutare le persone ad uscire dalla sofferenza.  Ho sperimentato un potere guaritore che è alla portata di chiunque lo cerchi con cuore onesto.

Nel 2000, mi sono unita a quella chiesa che gestisce la Sala di lettura in cui ero entrata la prima volta a New York. L’anno scorso ho seguito il corso d'istruzione della Scienza Cristiana e sono diventata membro de La Chiesa Madre a Boston. La mia unica medicina ora è la verità che ho trovato nella Bibbia e in Scienza e Salute e sono completamente libera da tutte le malattie che mi tormentavano. Nessuno dei timori che avevo nei confronti della Scienza Cristiana si è materializzato, mentre mi sono arrivate grandi benedizioni.

La missione de l’Araldo

L’Araldo della Scienza Cristiana fu fondato nel 1903 da Mary Baker Eddy. Il suo scopo è di “proclamare l’attività e la disponibilità universali della Verità”. La definizione di “araldo”, come indicata in un dizionario: “colui che avverte — un messaggero mandato avanti per annunciare l’approssimarsi di ciò che segue”, dà un significato particolare al nome Araldo ed inoltre indica il nostro dovere, il dovere di ognuno di noi, di vedere che i nostri Araldi assolvano alla loro responsabilità, una responsabilità inseparabile dal Cristo e annunciata per la prima volta da Gesù (Marco 16:15): “Andate per tutto il mondo e predicate l’evangelo ad ogni creatura”.

Mary Sands Lee, Christian Science Sentinel, 7 luglio 1956

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