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Rapida guarigione da una grave ustione

Da L'Araldo della Scienza Cristiana - 31 ottobre 2022

Originariamente pubblicato sul numero di gennaio 2022 de The Christian Science Journal


Ero solo nella nostra cucina a preparare la cena, avevo tirato fuori una grande padella dal forno a 200° e l'avevo appoggiata sopra il fornello. Dopo aver pulito velocemente il lavandino, tornai ai fornelli. Dimenticando momentaneamente da dove era appena arrivata la padella, afferrai velocemente il manico di metallo con la mano sinistra nuda.

Dal dolore intenso che provavo mi era chiaro che non si trattava di un'ustione lieve. Quello che mi faceva male quasi quanto il dolore fisico era la mia rabbia verso me stesso per aver avuto tanta fretta da non essere stato più attento.

Tuttavia, invece di dibattermi nel senso di auto-condanna, feci subito due cose: 1) iniziai a pregare e 2) mi rifiutai di guardare la mano ferita. La mia preghiera consisteva nel sincero desiderio di trovare un senso di dominio sulla situazione, invece di sentirmi una vittima. Mi sforzai di escludere pensieri improduttivi come «La mano è gravemente ustionata» o «Ti sei meritato la scottatura per essere stato così distratto!» Dichiarai con tutto il mio cuore che ero puro, innocente e sempre connesso o tutt'uno con il mio Padre-Madre, Dio. In quanto figlio amato di Dio, non avevo mai meritato di essere punito. 

Mi venne in mente un passaggio della lezione biblica di quella settimana tratta dal Libretto Trimestrale della Scienza Cristiana: «Io lavo le mie mani nell’innocenza e vado intorno al tuo altare, o Eterno» (Salmi 26:6). Mi sentii molto ispirato dall'idea di essere lavato nell'innocenza. Rimasi lì al lavello della cucina dichiarando in silenzio e ad alta voce ciò che era vero: che ero un essere spirituale innocente, non un mortale imperfetto e difettoso. È così che sono stato concepito da Dio. Questo non valeva solo per me; tutti erano lavati in questa innocenza: la famiglia, gli amici, i membri della chiesa, tutti. Il mio pensiero si posava su persone specifiche, anche quelle con cui avevo degli attriti, e ne sentii l'innocenza. Lasciai anche che la mia preghiera si irradiasse al mondo in generale, a figure di pubblico dominio: politici, celebrità, chiunque mi venisse in mente. Tutti erano immersi nell'innocenza.

Presto sentii una profonda tranquillità, cioè la percezione della presenza di Dio, e il dolore scomparve completamente. Tuttavia, ancora una volta fui tentato di controllare il palmo della mano. Mi era già capitato di ustionarmi in cucina e una parte di me voleva valutare quanto grave potesse essere la ferita. Allo stesso tempo, sapevo che la tentazione di guardare alla materia era uno strattone nella direzione sbagliata. Dovevo continuare a distogliere lo sguardo. Il pensiero doveva essere spiritualizzato e muoversi verso l'alto, per soffermarsi sullo Spirito, su Dio e sulla mia perfezione come creazione dello Spirito. 

Mi rimisi a preparare la cena, rimanendo in comunione con Dio nella quiete che avevo provato e respingendo le intermittenti tentazioni di guardarmi la mano. Capii che dovevo essere vigile per non cedere. 

Poco dopo mi venne in mente un passaggio di Scienza e Salute con Chiave delle Scritture di Mary Baker Eddy, su cui avevo meditato molto negli ultimi anni e che trovavo estremamente utile: «Quando accade un incidente, voi pensate o esclamate: ‘Mi sono fatto male!’. Il vostro pensiero è più potente delle vostre parole, più potente dell'incidente stesso, per dare realtà alla lesione» (pag. 397).

Il passaggio continua: “Fate ora il contrario. Dichiarate che non siete leso e comprendetene il perché, e vedrete che i buoni effetti che ne seguiranno saranno esattamente in proporzione alla vostra incredulità nella fisica e alla vostra fedeltà alla metafisica divina — alla fiducia in Dio in quanto Tutto, come le Scritture dichiarano che Egli è».

Per quanto strano possa sembrare, mi divenne estremamente chiaro che se desideravo la guarigione (non solo alleviare il dolore), dovevo essere disposto a negare la convinzione che questo incidente fosse mai realmente accaduto. Nell'universo di Dio, l'universo dello Spirito infallibile, della Mente che è sempre al governo, non si era mai verificato. Dio non ne sapeva nulla.

Quella sera, il giorno dopo e quello ancora successivo, misi in pratica «l’incredulità nella fisica» e la «fedeltà alla metafisica divina». In altre parole, continuai a confidare in Dio, a rimanere fermo nella preghiera e a resistere alla tentazione di controllare la mano. Questa disciplina del pensiero non era stressante, ma calma e allegra.

Domenica sera (due giorni dopo), mi capitò di guardarmi il palmo delle mani mentre me le lavavo. Ed ecco che, con mia gioiosa sorpresa, non c'era alcun segno. Niente. Non c'erano prove che fosse successo qualcosa, nemmeno un accenno di rossore. 

Ringraziai immediatamente Dio per avermi mostrato una prova così meravigliosa del potere e della bontà divini. Nei giorni seguenti continuai a provare questa gratitudine interiore, non solo per la guarigione fisica, ma anche per la dimostrazione di quanto sia completo e perfetto questo metodo scientifico di guarigione che chiamiamo Scienza Cristiana. E provo ancora quella tranquilla gratitudine oggi.

Nate Ouderkirk
St. Louis, Missouri, Stati Uniti

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Mary Sands Lee, Christian Science Sentinel, 7 luglio 1956

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