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Natale in cucina

Da L'Araldo della Scienza Cristiana - 3 gennaio 2023

Originariamente pubblicato sul numero del 21 dicembre 1992 del Christian Science Sentinel 


Il periodo natalizio non è sempre facile. A volte sembra molto lontano dalle rappresentazioni naïf nello stile di «Grandma Moses» (famosa pittrice americana, ndt), come le vediamo sulle copertine delle riviste o nei programmi televisivi sulle festività, con le famiglie riunite intorno a un focolare ardente in una campagna innevata. In realtà, molte persone si trovano ad affrontare un Natale che, al confronto, è desolante: un contesto urbano di povertà, magari senza tetto o un’ambientazione interiore di dolore e solitudine.

Altre persone sono tormentate da piccole seccature durante le feste: la frenesia dello shopping dell'ultimo minuto o le interminabili ore passate in cucina a cucinare e a pulire dopo la cena di Natale. 

Non dimenticherò mai un giorno di Natale in particolare. Mio marito e io avevamo invitato una quindicina o ventina di familiari e amici a un pranzo di Natale nel tardo pomeriggio. Avevo pianificato un menu speciale che pensavo sarebbe piaciuto a tutti.

Due giorni prima di Natale, però, una cara amica si tolse la vita dopo aver detto che non poteva continuare con un matrimonio infelice.

La mattina di Natale mi travolse una profonda tristezza. L'ultima cosa che volevo era trascorrere un'intera giornata in cucina. La consegna dei regali, le ricette speciali, la noiosa preparazione della cena, tutto sembrava completamente privo di significato alla luce della tragedia che aveva coinvolto la mia amica. Avrei dato qualsiasi cosa per annullare le attività della giornata. Tuttavia tante persone, soprattutto mio marito e i miei figli, aspettavano la cena con tanta gioia e non volevo deluderli. Così, mentre apparecchiavo e cucinavo, mi misi a pregare.

Volevo capire il vero significato del Natale, che sapevo andare ben oltre il tacchino, le torte, i regali e gli ospiti. Capii che, al di là della celebrazione dell’evento epocale costituito dalla nascita di Gesù in Palestina quasi duemila anni fa, il Natale commemora il sorgere della luce spirituale in un'epoca materiale, allora come oggi. Il Natale rappresenta la verità dell'onnipotenza di Dio e della Sua incessante cura per i Suoi cari figli, che demolisce la barriera del dolore e della tristezza del materialismo. Celebra la venuta del Cristo, la vera idea di Dio, nei nostri cuori. Natale è scoprire cos'è veramente la Vita, cos’è veramente Dio e chi siamo veramente noi. Come scrive Mary Baker Eddy in The First Church of Christ, Scientist, and Miscellany: «il Natale per me è il ricordo del grande dono di Dio, — la Sua idea spirituale, l'uomo e l’universo — un dono che trascende così tanto lo scambio di doni mortale e materiale dei sensi che il divertimento, la folle ambizione, la rivalità e il rituale del nostro Natale comune sembrano una presa in giro umana che imita il vero culto di commemorazione della venuta del Cristo».

Questo vero Natale, o avvento del Cristo, non smette mai di venire a noi. Se ci allontaniamo dal suo messaggio in un momento, la buona notizia del Cristo, Verità, si ripete a noi il momento successivo e quello dopo ancora - delicatamente, teneramente, in modo efficace. Anche se impieghiamo ore, giorni o anni per recepire davvero questo messaggio, esso continua ad arrivare fino a quando i nostri cuori non si arrendono alla sua benedizione.

Ricordo molto vividamente che, mentre mi trovavo accanto al lavello della cucina quella mattina di Natale, sentii davvero il Cristo che arrivava al mio cuore, che lo ripuliva dal dolore per la scomparsa della mia amica e lo riempiva di nuovo amore spirituale per lei, tutto con un gran senso di pace.

Ricordo inoltre di aver capito che la mia amica era in grado di percepire lo stesso Cristo che stavo sentendo io. Anche lei poteva vivere il Natale. La morte non poteva separarla dalla venuta del Cristo. Non poteva impedire a Dio di amarla eternamente.

L’autore del libro dei Romani si chiede: «Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Sarà l’afflizione, o la distretta, o la persecuzione, o la fame, o la nudità, o il pericolo, o la spada?». E poi risponde: «Io sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né potenze, né cose presenti, né cose future, né altezze, né profondità, né alcun'altra creatura potrà separarci dall'amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rom. 8:35, 38,39).

Capii che la celebrazione del Natale è l'atto di celebrare il potere del Cristo, il Cristo eternamente trionfante sul peccato e sulla morte. Significa lasciare che il potere del Cristo ci elevi a una nuova spiritualità, plachi le nostre paure, ci guarisca, si prenda cura di noi, ci ami. Significa inoltre esprimere attivamente l'amore di Cristo verso coloro che ci circondano, anche quando non ne avremmo voglia. Come scrisse Mary Baker Eddy in un articolo per il New York World: «La base del Natale è l'amore che ama i suoi nemici, che restituisce il bene per il male, l'amore che «è paziente, è benigno a lungo ed è gentile". Il vero spirito del Natale eleva la medicina alla Mente; scaccia i mali, guarisce i malati, risveglia le capacità assopite, è adatto a tutte le circostanze e provvede ad ogni bisogno umano» (Miscellany).

 Per me, in quel momento, tutto ciò si traduceva nel lanciarmi con entusiasmo e amore nella preparazione del menu pianificato per quel giorno. Ora, può sembrare strano parlare di cucinare con amore, ma essendo io una persona che spesso sbriga con irritazione le faccende domestiche, seppi che l'ondata di affetto cristico che sostenne il mio lavoro in cucina quel giorno fu a dir poco meravigliosa. Tutti in famiglia lo notarono e la cena si concluse bene, per quel che ricordo. Ma soprattutto credo che tutti i nostri ospiti sentirono il tocco dell'amore e della pace che avevo percepito in cucina per tutto il giorno.

Lentamente, ma inevitabilmente, i miei pensieri furono pervasi da un senso di tranquilla gioia. Era la gioia del Natale, l'irresistibile felicità che ci accompagna ogni volta che facciamo spazio al Cristo nel nostro cuore. 

Possiamo sentire questa gioia natalizia in qualsiasi giorno, ogni giorno - e poi lasciarla riversare nel mondo che ci circonda con il suo effetto guaritore. Possiamo sentirla ovunque, dappertutto, perché il Cristo di Dio è sempre con noi. Il Natale viene sempre a guarirci: nei momenti di solitudine, di disperazione, di spensieratezza. Viene anche quando siamo in cucina.

La missione de l’Araldo

L’Araldo della Scienza Cristiana fu fondato nel 1903 da Mary Baker Eddy. Il suo scopo è di “proclamare l’attività e la disponibilità universali della Verità”. La definizione di “araldo”, come indicata in un dizionario: “colui che avverte — un messaggero mandato avanti per annunciare l’approssimarsi di ciò che segue”, dà un significato particolare al nome Araldo ed inoltre indica il nostro dovere, il dovere di ognuno di noi, di vedere che i nostri Araldi assolvano alla loro responsabilità, una responsabilità inseparabile dal Cristo e annunciata per la prima volta da Gesù (Marco 16:15): “Andate per tutto il mondo e predicate l’evangelo ad ogni creatura”.

Mary Sands Lee, Christian Science Sentinel, 7 luglio 1956

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