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Opportunità anziché tempo

Da L'Araldo della Scienza Cristiana - 9 maggio 2023

Originariamente pubblicato sul numero del 13 luglio 1940 del Christian Science Sentinel


 Nel nostro frenetico mondo moderno, non c'è forse grido più insistente, né scusa più diffusa di quella secondo cui non si abbia tempo sufficiente per pensieri e attività costruttivi. Rendendosi conto dei sottili pericoli insiti in un simile atteggiamento mentale, che tende a limitare il vero progresso, Mary Baker Eddy definisce il «tempo», in parte, in questo modo: «Misurazioni mortali; limiti, in cui si assommano tutte le azioni, tutti i pensieri, tutte le credenze, opinioni e conoscenze umane; materia; errore…» (Scienza e Salute con Chiave delle Scritture, pag. 595). 

Le Scritture affermano chiaramente che l'unico «tempo accettevole» è «ora» (II Corinzi 6:2); e nella misura in cui ci rendiamo conto di questo fatto, le limitazioni e i ritardi del «tempo», nel senso comune del termine, vengono superati e siamo liberi di accettare il nostro diritto di nascita alla perfezione presente, diritto che Dio ci ha dato. In effetti, non possiamo raggiungere la piena dimostrazione della Scienza Cristiana finché non ci liberiamo dalla schiavitù autoimposta del tempo e non acquisiamo la chiara consapevolezza dell'eternità della Vita, della Verità e dell'Amore. Il progresso in questa direzione è accelerato sostituendo l’idea di opportunità a quella di tempo.

Nella sua conosciuta parabola degli operai nella vigna, raccontata nel Vangelo di Matteo (cap. 20), Gesù illustra questo concetto in modo chiaro e vivido. Si legge che un certo «padrone di casa» fosse uscito all'alba per assoldare degli uomini, e il racconto del Vangelo suggerisce che coloro che furono assunti in quel momento si accordarono con lui per ricevere una specifica retribuzione per le tante ore di lavoro: «egli ... si accordò con i lavoratori per un denaro al giorno». Qualche ora dopo, il proprietario della vigna tornò in piazza e vi trovò altri operai che aspettavano di trovare lavoro. Anche loro furono assunti e mandati a lavorare nella vigna; tuttavia, desiderosi di mettersi al lavoro, non persero tempo a contrattare con il loro datore di lavoro l'ammontare della paga che avrebbero ricevuto, bensì andarono a lavorare con buona volontà, evidentemente pienamente soddisfatti della sua promessa: «vi darò ciò che è giusto» (versetto 4). 

Il giorno passava, e altri lavoratori altrettanto volenterosi furono assoldati all'ora sesta, e di nuovo all'ora nona. Anche all'undicesima ora, quando la giornata lavorativa era quasi terminata, ne trovò altri che, pur essendo rimasti «tutto il giorno» in attesa di lavoro, non ne avevano trovato, e quando finalmente lo trovarono, l'accettarono e si unirono agli altri nella vigna, dando anche loro per scontata l'equità del proprietario della vigna in materia di pagamento. «Fattosi sera» furono effettuati i pagamenti e ognuno ricevette esattamente la stessa somma di denaro, che avesse lavorato per dodici, nove, sei o tre ore, o anche per una sola, essendo il salario calcolato non in base alla durata del lavoro di ciascuno, ma per la prontezza nell’accettarlo, per aver colto l'opportunità.

Paragonando questa vivida illustrazione alla nostra esperienza, possiamo renderci conto che siamo sempre di fronte a un'opportunità, indipendentemente dall'ora del giorno, e che le ricompense del Padre attendono coloro che accettano le loro opportunità con spirito di servizio e poi procedono progredendo. Nella sua lettera agli Efesini (1:9.), l'apostolo Paolo, che aveva dimostrato di dominare in misura considerevole le apparenti limitazioni del tempo e dello spazio, esprime questo concetto in modo suggestivo, parlando del fatto che Dio «mette a disposizione una pienezza di opportunità» (come si potrebbe tradurre direttamente dalle parole in greco). Proprio queste abbondanti opportunità sono davanti a noi oggi in quanto figli di Dio. Rendendosene conto, Mary Baker Eddy pone questa domanda pertinente: «Siamo debitamente consapevoli delle nostre grandi opportunità e responsabilità? Siamo pronti a soddisfarle e a migliorarle, ad agire fino al culmine dell'energia divina di cui siamo corazzati?» (Miscellaneous Writings, pag. 176). Si tratta di una sfida gloriosa, che può essere vinta sapendo che il tempo e i suoi limiti non hanno alcuna influenza su di noi. Il bene e la nostra dimostrazione di tale bene non sono e non possono essere limitati da «misurazioni mortali»; né l'eternità può percepire la schiavitù del «tempo»; ma, come dice chiaramente la nostra Leader: «L’instancabile Essere, paziente con il procrastinare dell'uomo, gli offre ogni ora nuove opportunità» (La guarigione cristiana, pag. 19).

La missione de l’Araldo

L’Araldo della Scienza Cristiana fu fondato nel 1903 da Mary Baker Eddy. Il suo scopo è di “proclamare l’attività e la disponibilità universali della Verità”. La definizione di “araldo”, come indicata in un dizionario: “colui che avverte — un messaggero mandato avanti per annunciare l’approssimarsi di ciò che segue”, dà un significato particolare al nome Araldo ed inoltre indica il nostro dovere, il dovere di ognuno di noi, di vedere che i nostri Araldi assolvano alla loro responsabilità, una responsabilità inseparabile dal Cristo e annunciata per la prima volta da Gesù (Marco 16:15): “Andate per tutto il mondo e predicate l’evangelo ad ogni creatura”.

Mary Sands Lee, Christian Science Sentinel, 7 luglio 1956

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