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Dio: "qualcosa" oppure totale presenza?

Da L'Araldo della Scienza Cristiana - 12 febbraio 2018

Originariamente pubblicato sul numero del 18 dicembre 2017 del Christian Science Sentinel


Un modo convenzionale di pensare a Dio è più o meno di questo tipo: c'è l'esistenza umana, con tutti gli aspetti a noi familiari; sappiamo che ci sono persone e città, salari e PIL (prodotto interno lordo), pioppi e licheni, stelle e pianeti, e certamente potrebbe esserci, oppure no, Dio. Ma quel Dio sarebbe soltanto un'altra "cosa", un essere divino celato da qualche parte.

Avete però mai preso in considerazione il fatto che Dio potrebbe essere l'unica vera presenza, tutto ciò che è e che potrebbe essere presente, ovvero Amore e intelligenza onnipresenti? E se Dio fosse infinito e nulla potesse esistere oltre a Lui, e tutto ciò che esiste sussistesse solo in quanto espressionedi Dio, in perfetta unità con Lui/Lei? Cosa cambierebbe per noi se capissimo che la vita non è uno sviluppo cosmico e fisico, organico e mortale, bensì il riflesso spirituale dell'unica Vita divina, attiva e dinamica, sempre nuova ed eterna?

L’idea che Dio non sia solo "qualcosa", ma che è Tutto, fu rivelata a Mary Baker Eddy, che a sua volta la comunicò attraverso i suoi libri. Questa rivelazione di Dio mette sotto una nuova luce l'obbedienza al Primo Comandamento – di non avere altri dii dinnanzi a Dio – e al Secondo – di non farsi scultura alcuna né immagine alcuna (vedi Esodo 20:3,4). Non avere altro Dio significa riconoscere l'assoluta totalità di Dio come l'unico tutto, indivisibile e immutabile – Spirito illimitato – che si esprime in una creazione che dev'essere, come Lui, spirituale.

Cosa cambierebbe per noi se capissimo che la vita è il riflesso dell'unica Vita divina, attiva e dinamica, sempre nuova ed eterna?

Nella misura in cui ci atteniamo mentalmente a questa realtà, non permettiamo ai nostri pensieri di farsi scultura alcuna, cioè considerare, ponderare o rimuginare sulla materia e sulle sue limitazioni, discordanze e delusioni. Riconoscere l'onnipresenza di Dio, il bene, vuol dire riconoscere che la realtà spirituale è l'unica realtà, nella quale imperfezioni, preoccupazioni, fastidi e paure non possono trovare spazio.

E se invece la totalità di Dio ci sembrasse distante milioni di chilometri? Le attenzioni umane, le paure, e persino le malattie potrebbero occupare i nostri pensieri e potremmo non trovare il modo di liberarcene. In questi casi, possiamo sforzarci di restare mentalmente calmi e cedere il passo all'Amore divino. Dio, il bene, è con noi in ogni momento e quest'Uno infinito comunica a ciascuno la Sua bontà. L'Amore divino indirizza sempre la sua onnipresenza in modo a noi comprensibile, ed è sempre rassicurante e incoraggiante. L'Amore divino ci rafforza e colma i nostri cuori con l'aspettativa del bene e la comprensione che null'altro al di fuori del bene può veramente toccarci. Man mano che riusciamo ad accettare quest'ispirazione divina –cioè che riconosciamo la totalità di Dio – percepiamo sempre di più questa legge d'Amore che ci sostiene, c'ispira e ci guarisce, dissolvendo ogni genere di disarmonia.

Colui che meglio comprese l'infinità di Dio fu Cristo Gesù. I quattro Vangeli della Bibbia evidenziano come lui visse non per esprimere quello che era o che avrebbe potuto essere sotto un profilo umano, ma piuttosto per offrire se stesso disinteressatamente affinché la totalità di Dio si riflettesse naturalmente attraverso la sua vita. Gesù fu una limpida trasparenza guaritrice dello Spirito infinito, l’Amore divino. Egli affermò che i suoi seguaci avrebbero dovuto prendere la loro croce e vivere lo spirito altruistico, proprio come faceva lui (vedi Matteo 16:24).

Ma cosa significa seguire Gesù nel riconoscimento di Dio come Tutto assoluto, nella vita di tutti i giorni? Il Maestro non disse ai suoi seguaci di rinunciare all’esistenza umana, ma in realtà disse loro di portarla a livelli più elevati, riconoscendo che Dio è la sola vera Vita. Disse infatti: "Io son venuto perché abbian la vita e l'abbiano ad esuberanza" (Giovanni 10:10). 

Avere l'infinità dello Spirito come nostro fondamento, significa vedere il mondo attorno a noi più spiritualmente di quanto non lo vedessimo prima. La percezione umana della bellezza della natura suggerisce una bellezza più elevata e spirituale, dove nessun elemento crudele può trovare posto. La vicinanza che si sente, dopo anni di reciproco sostegno, nei riguardi del proprio sposo o della propria sposa, indica quell'eterna unità che tutti abbiamo con l'unica Anima infinita, e gli uni con gli altri. La sommità che un meraviglioso brano musicale può farci toccare, ci fa intravedere la costante ispirazione che in verità abbiamo sempre, in quanto riflessi della totalità divina.

Percepire la nostra unità con l’infinito ci libera dalle limitazioni.

Essere consapevoli della totalità di Dio e della natura di ognuno di noi come Suo riflesso, non ci impedisce di svolgere ciò che ci viene richiesto umanamente, ma c'ispira a farlo ancor meglio. Sentire la nostra unione con l'infinito ci libera dalle paure e dalle limitazioni e ci apre la mente a modi nuovi e freschi di attuare il bene e di aiutare gli altri. Ecco cosa scrive Mary Baker Eddy in Scienza e Salute con Chiave delle Scritture, nel capitolo che ha come tema centrale proprio l'infinità di Dio: "Staccandovi dai mutamenti del tempo e del senso, non perderete né gli scopi né gli obiettivi concreti della vita e neppure la vostra propria identità. Fissando lo sguardo sulle realtà superne, vi eleverete alla coscienza spirituale dell'essere, proprio come l'uccellino che è uscito dall'uovo e si aggiusta le ali per uno volo verso il cielo" (pag. 261).

L'assoluta infinità dell'Amore è la rivelazione della Scienza Cristiana, secondo la quale Dio non è un'altra cosa fra le tante, ma è veramente il Tutto, e noi siamo il Suo riflesso spirituale. Elevarsi, giorno dopo giorno, nella dimostrazione di questi fatti spirituali, apporta grande gioia.

La missione de l’Araldo

L’Araldo della Scienza Cristiana fu fondato nel 1903 da Mary Baker Eddy. Il suo scopo è di “proclamare l’attività e la disponibilità universali della Verità”. La definizione di “araldo”, come indicata in un dizionario: “colui che avverte — un messaggero mandato avanti per annunciare l’approssimarsi di ciò che segue”, dà un significato particolare al nome Araldo ed inoltre indica il nostro dovere, il dovere di ognuno di noi, di vedere che i nostri Araldi assolvano alla loro responsabilità, una responsabilità inseparabile dal Cristo e annunciata per la prima volta da Gesù (Marco 16:15): “Andate per tutto il mondo e predicate l’evangelo ad ogni creatura”.

Mary Sands Lee, Christian Science Sentinel, 7 luglio 1956

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