Tempo fa, circolava nei media la storia di una balena, la cosiddetta “balena 52-hertz”. Nuotava da sola negli oceani del mondo, emettendo un richiamo dal suono particolare. Secondo un esperto di balene, il richiamo del cetaceo diceva: “Ehi, sono qui!”, ma senza ricevere risposta. Sui blog, c'era chi esprimeva una strana affinità con quella che veniva percepita come la solitudine di questa balena, e qualcuno è persino arrivato a definire la solitudine “un'epidemia dei nostri tempi”.
Ma esiste un rimedio bello e pratico alla solitudine. Nella Scienza Cristiana, arriviamo a comprendere che la vita non è frammentata. È infinita, continua. Quando lo comprendiamo, iniziamo a sentire il calore dell'Amore divino e universale che è Dio. Nel momento in cui percepiamo anche solo un barlume di spiritualità, l’impressione di essere separati da Dio scompare. La Vita è Spirito, entrambi termini che definiscono Dio, e, quali esseri spirituali, non siamo mai soli. Ciascuno di noi possiede un senso spirituale ben definito – si potrebbe dire un istinto spirituale – che avverte in modo innato l'unicità dell'essere, la santità della connessione divina. Nella Bibbia, Paolo dice: “Difatti, in lui viviamo, ci moviamo e siamo”.
Lo Spirito unico è davvero la nostra casa. È l'unica origine dell'essere per ogni singola idea nel suo glorioso universo, e la Sua creazione è caratterizzata da legami ininterrotti, collegamenti densi di significato, forti connessioni vitali. Mary Baker Eddy sapeva bene come connettersi con la causa ultima dell'essere. Ecco cosa scrisse: “Dovete solo mantenere un senso scientifico, positivo di unità con la vostra fonte divina e dimostrarlo quotidianamente”.
La solitudine e la separazione vengono superate quando siamo pronti ad aprirci alla nostra unità ininterrotta con lo Spirito, che è più vasto e potente dell'oceano. Apparteniamo davvero a Dio. E questo può significare solo una cosa per noi e per tutto ciò che esiste nel mondo di Dio: mai più soli.