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Come ho smesso di bere in compagnia

Dio mi ha mostrato i passi da fare.

Da L'Araldo della Scienza Cristiana - 29 ottobre 2019

Originariamente pubblicato sul numero del 9 novembre 1998 del Christian Science Sentinel


Quando sei tentato di fare qualcosa che va contro i tuoi principi, qual è la cosa migliore da fare? Ho imparato a rivolgermi a Dio con tutta sincerità. L’ho imparato alcuni anni fa, poco prima di diventare membro della Chiesa che pubblica questa rivista. Tra gli obblighi che ci si assume divenendo membro è quello di non bere alcolici. Personalmente non avevo un problema di alcolismo, ma mi piaceva bere in compagnia. Mi sono rivolta a Dio senza riserve, pregandoLo sinceramente di mostrarmi come fare per smettere. Sapevo che mi avrebbe risposto.

Mi sono sentita guidata a smettere di giudicare il mio comportamento per liberarmi dai sensi di colpa, dal conflitto interiore e dall’auto-condanna. Sebbene non intendessi continuare a bere, inaspettatamente le mie preghiere mi hanno portata a modificare il mio obiettivo che fino a quel momento era di opporre resistenza a ciò che stavo facendo, all’osservare e interrogarmi sui motivi che mi spingevano a compiere tali azioni. Poi mi sono resa conto che quando accettavo un bicchiere di vino, non mi piaceva nemmeno il gusto. Ho capito che bevevo solo perché avevo paura di quello che gli altri avrebbero pensato di me se avessi rifiutato. Quando ho capito che il desiderio di bere non aveva nulla a che fare con me, mi è stato facile capire che le ragioni per bere erano pensieri che potevo respingere. Da allora non ho più avuto nemmeno il minimo desiderio di bere.

La Bibbia riassume così il processo di guarigione: “Sottomettetevi dunque a Dio; ma resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi … Umiliatevi nel cospetto del Signore, ed Egli vi innalzerà” (Giacomo 4:7, 10).

Ho capito che bevevo solo perché avevo paura di quello che gli altri avrebbero pensato di me se avessi rifiutato.

Per me, “sottomettetevi a Dio" significa rivolgersi a Dio, Verità divina, senza riserve; avere fiducia in Lui, apprendere da Lui. Nel mio caso, mi sono “sottoposta” a Dio in due modi. Mi sono rivolta completamente a Lui per trovare aiuto, e ho seguito la Sua guida semplicemente smettendo di giudicare negativamente il mio comportamento. Questo ha portato a sua volta a due risultati: sono riuscita a vedere con obbiettività quello che succedeva e sono riuscita ad ascoltare i messaggi di Dio con maggior chiarezza.

Il senso di colpa, l’auto-condanna e il conflitto interiore avevano creato un frastuono che mi impediva di vedere la mia vera natura spirituale quale riflesso di Dio. Ho opposto resistenza al “diavolo” ascoltando Dio. La tentazione si è dissolta perché ho capito che non esisteva veramente nella creazione di Dio e perciò non poteva trovare appiglio nella mia vera natura.

Mi sono posta con umiltà davanti a Dio in diversi modi. Per prima cosa non ho pianificato specificamente come dovesse avvenire la guarigione. Desideravo certamente smettere di bere, ma ho umilmente seguito le indicazioni di Dio. Secondo, ho riconosciuto che Dio è l’unica sorgente di potere e di vita. E terzo, ho ceduto il passo alla mia vera natura, libera dalla dipendenza e persino dall’interesse al bere. È allora che ho intravisto qualcosa della mia vera identità spirituale creata a immagine di Dio.

Nella Bibbia leggiamo che Dio è nostro Padre, perciò, quando siamo tentati, può essere utile chiederci: “Quando ho smesso di essere un figlio di Dio, perfetto in tutte le Sue vie?” La risposta, naturalmente, è sempre un “mai”. In Scienza e Salute, il libro di testo della Scienza Cristiana, l’autrice scrive: “Inoltre, Dio, o il bene, non rese mai l’uomo capace di peccare. È l’opposto del bene — cioè il male — che sembra rendere gli uomini capaci di agir male. Quindi il male non è che un’illusione e non ha una base reale” (pag. 480).

Ti potresti chiedere: “Se sono ancora la figlia di Dio, allora perché cado in tentazione? È Dio che mi tenta, forse?” La risposta è un deciso no. La Bibbia spiega: “Nessuno, quand’è tentato, dica: Io sono tentato da Dio; Perché Dio non può essere tentato dal male, né Egli stesso tenta alcuno” (Giacomo 1:13). In sostanza, la tentazione è solo una suggestione mentale, indipendentemente da quanto reale, forte o convincente possa apparire.

Capire questo fatto porta liberazione, libertà. E la chiave per comprenderlo è rivolgersi a Dio con tutto il cuore ed essere disposti a seguire la Sua guida. 

La missione de l’Araldo

L’Araldo della Scienza Cristiana fu fondato nel 1903 da Mary Baker Eddy. Il suo scopo è di “proclamare l’attività e la disponibilità universali della Verità”. La definizione di “araldo”, come indicata in un dizionario: “colui che avverte — un messaggero mandato avanti per annunciare l’approssimarsi di ciò che segue”, dà un significato particolare al nome Araldo ed inoltre indica il nostro dovere, il dovere di ognuno di noi, di vedere che i nostri Araldi assolvano alla loro responsabilità, una responsabilità inseparabile dal Cristo e annunciata per la prima volta da Gesù (Marco 16:15): “Andate per tutto il mondo e predicate l’evangelo ad ogni creatura”.

Mary Sands Lee, Christian Science Sentinel, 7 luglio 1956

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