Skip to main content Skip to search Skip to header Skip to footer

Salmo 23: pace nel gregge di Dio

Da L'Araldo della Scienza Cristiana - 8 febbraio 2021

Originariamente pubblicato sul numero di dicembre 1998 de El Heraldo de la Ciencia Cristiana [Araldo in lingua spagnola] e già pubblicato sull’Araldo della Scienza Cristiana in versione cartacea – Quarto trimestre 2000


Quando sentiamo il desiderio di essere amati, confortati e apprezzati, possiamo rileggere il Salmo 23, scritto da Davide, re d'Israele, che durante la sua giovinezza era stato pastore di pecore. Questo Salmo si trova nella Bibbia, verso la metà dell’Antico Testamento.

Chi ha vissuto sulle colline della Terra Santa, il luogo del Medio Oriente dove

fu fondato il Cristianesimo e dove fu scritto questo Salmo, potrà sentire immediatamente il profondo senso di sicurezza che comunicano le belle immagini trasmesse dalle parole di questo Salmo. Chi, d'altra parte, non ha nessuna conoscenza dei costumi dei pastori di questa zona, come la maggior parte di noi, potrebbe rinunciare a comprendere completamente questo antico cantico di lode a Dio, e questo sarebbe un peccato.

Il Dott. James McMurtry, un ministro cristiano e studioso della Bibbia, visse e studiò per diversi mesi con i pastori della Grecia e della Palestina, oggi Israele. Il suo lavoro di ricerca, pubblicato nel 1959, chiarisce meravigliosamente il significato di questo Salmo.

Per il cristiano, la lode a Dio è fondamentale, poiché riconosce Dio come fonte del suo stesso essere. Così che comincia il Salmo:

«L’Eterno è il mio pastore, nulla mi mancherà»

I pastori e guardiani degli animali, nei pascoli che circondano il Mar

Mediterraneo, hanno il controllo assoluto del proprio gregge. Questo controllo è il frutto di generazioni di fiducia reciproca, di rispetto, lealtà e amore. Per esempio, questo controllo permette loro di portare le proprie pecore e capre su un pascolo e far sì che gli animali aspettino fino a quando non sia stata delimitata per ognuno di loro una parte selezionata per pascolare, per poi farli cominciare a brucare al suono di un fischio. Quando una pecora raggiunge il limite della sua area di pascolo, smette di mangiare.

Allo stesso modo, se due o più greggi dividono un unico ovile, cioè un'area delimitata da pietre dove le pecore dormono durante la notte al sicuro dai predatori, di mattina i pastori, ognuno con il suo fischio, possono separare i propri

animali dagli altri e guidarli ai pascoli. Le pecore non esitano mai, ma rispondono con obbedienza incondizionata, poiché il pastore non le delude mai.

«Egli mi fa giacere in verdeggianti paschi,»

Sia le pecore che le capre amano riposare durante la mattina e «ruminare», cioè, rimasticare quello che hanno appena ingoiato ed è in questa fase che

ingrassano; quindi, se il pastore nota una pecora che sta ancora mangiando dopo che le altre si sono sdraiate, va da lei, si accerta che abbia mangiato abbastanza e la fa riposare come le altre.

«mi guida lungo le acque chete.» 

Apparentemente le pecore preferiscono morire di sete che bere in ruscelli con acque turbolente; eppure sulle montagne della regione questo è l'unico tipo d'acqua disponibile. Così, ogni giorno ad un' ora stabilita, il pastore crea una piccola diga

con delle pietre in modo da fermare la corrente d'acqua, per permettere alle pecore di abbeverarsi con calma in acque tranquille. Quindi il pastore disfa la piccola diga, lasciando che il torrente scenda liberamente fino al pasto seguente quando il procedimento si ripete.

 «Egli mi ristora l’anima,»

 Tutti i giorni ogni pecora o capra si avvicina al pastore per una reciproca manifestazione di affetto. Questo fa bene sia al pastore che all’animale perché rinnova il senso di benessere e unione. Quando una pecora gli si avvicina, il pastore si abbassa inginocchiandosi e accarezza la testa e le orecchie dell'animale parlandogli amorevolmente. Il pastore è sicuro di avere la capacità di far tornare all'ovile anche la più ribelle delle pecore.

«mi conduce per sentieri di giustizia per amor del suo nome.»

Se un pastore smarrisse anche una sola pecora per mancanza di attenzione, perderebbe il prestigio e sarebbe disonorato. Se perdesse più di una pecora in una sola volta, non verrebbe mai più ingaggiato come pastore. In un pascolo di montagna ci sono molti pericoli e occasionalmente le pecore possono rompersi una zampa o farsi male. Il pastore le curerà con molta attenzione nell'ovile affinché si rimettano fino a potersi riunire al gregge. Quindi è estremamente zelante riguardo alla sicurezza dei suoi animali e, alcune volte, li guida lungo una via più lunga fino ai pascoli, evitando quella più corta ma pericolosa. La sua reputazione come pastore è in gioco.

«Quand'anche camminassi nella valle dell'ombra della morte, io non temerei male alcuno, perché tu sei con me;»  

La «valle dell'ombra della morte» o la «valle delle ombre profonde» è un ripido pendio roccioso, con pendenze quasi verticali profonde circa 450 metri, che si trova sul sentiero tra Gerico e Gerusalemme, all'estremità nord del Mar Morto. Raramente il sole raggiunge il fondo della gola. In fondo a questo pendio c'è uno stretto canale lungo approssimativamente sei chilometri e mezzo, largo un metro e profondo due, ove scorre un fiume con correnti molto rapide.

All'inizio dell' estate ogni gregge deve spostarsi, per raggiungere pascoli stagionali, percorrendo il lungo sentiero che costeggia il fiume. Alla fine dell'estate torna indietro. A metà della salita il sentiero attraversa il fiume da un lato all'altro, ma non c'è alcun ponte. Gli animali e il pastore devono dunque saltare. Il pastore si sistema su una sporgenza rocciosa da un lato o dall'altro incoraggiando ogni pecora a saltare e afferrandola con sicurezza nel caso che scivoli o cada nella corrente.

«il tuo bastone e la tua verga son quelli che mi consolano,»

Nel suo mestiere, il pastore dispone di tre oggetti: un bastone, una verga e un mantello. Tradizionalmente il bastone è costituito da un ramo d'albero del diametro di circa due centimetri e mezzo che si incurva a una delle estremità a formare una sorta di gancio. Il pastore lo usa per recuperare un animale eventualmente caduto in una fenditura tra le rocce. Alcune volte una pecora, invece di avvicinarsi al pastore, si ferma immobile e aspetta che sia il pastore a raggiungerla. Il pastore, capendo che l'animale vuole una dimostrazione d'autorità per aumentare il suo senso di sicurezza, finge di abbassare il bastone con violenza sul suo collo, fermando poi il colpo appena prima di colpirla; non farebbe mai male ad un pecora. Quindi la accarezza e la calma, come di consueto, fino a quando non sia soddisfatta. Così il bastone serve per proteggere e per educare. La verga è un bastone più pesante che serve a difendere il gregge dagli animali selvatici.

«Tu apparecchi davanti a me la mensa al cospetto dei miei nemici;»

Sulle montagne cresce un' erba velenosa, talmente pericolosa che una piccola dose ucciderebbe una pecora in pochi minuti. Siccome in primavera è la prima erba a germogliare, il pastore si reca al pascolo prescelto varie ore prima per rimuovere

ogni minimo segno di questa erba dannosa. Così prepara meticolosamente il pasto del giorno, pensando al benessere del gregge.

«tu ungi il mio capo con olio; la mia coppa trabocca.»

Specialmente dove c'è un solo pastore a occuparsi di tutto il gregge giorno e notte, si usa un ovile. Questo dispone di un'unica entrata, di fronte alla quale si sdraia il pastore girato verso l'interno, in modo che anche dormendo possa sentire qualsiasi movimento o agitazione del gregge.

Prima che le pecore entrino nell’ovile, le fa passare a una a una sotto il suo bastone che si appoggia sulla spalla a formare un angolo. Le esamina tutte alla ricerca di ferite, semi di gramigna negli occhi o nelle orecchie, o qualche altro dettaglio che necessiti d'attenzione. Gli animali che presentano un problema vengono tenuti da parte, fino a che il resto del gregge sia al sicuro nell'ovile. Quindi il pastore prende il suo vaso d'olio d'oliva e unge le ferite, dà acqua da bere all'animale e lo mette nell'ovile con gli altri.

Solo dopo tutto questo si concederà un piccolo pasto costituito di pane e olive; quindi si avvolgerà nel suo caldo mantello e si sdraierà per dormire, messo di traverso all'entrata dell'ovile. Se qualche animale non si fosse ancora sdraiato, gli darà dell'acqua, lo metterà in posizione per dormire e lo accarezzerà fino a che non si addormenti.

«Certo, beni e benignità m’accompagneranno tutti i giorni della mia vita; ed io abiterò nella casa dell’Eterno per lunghi giorni.»

Questi due versi dichiarano al pastore la lode che si merita in quanto il suo tenero affetto è evidente nella salute e nel benessere delle sue pecore. Tale lode proviene dalle sue pecore, in una ricompensa di fiducia e lealtà, e dagli amici e vicini che, di buon grado e ad alta voce, proclamano la costante dedizione del pastore. Si tratta della piena realizzazione del Salmo; la sua dimostrazione, la sua benedizione – l' «Amen», o totale accettazione. Questi versi lo completano.

Usando la definizione biblica di Dio come Amore, la Scopritrice e Fondatrice della Scienza Cristiana, Mary Baker Eddy, dà il senso spirituale del Salmo, a pag. 578 del suo libro, Scienza e Salute con Chiave delle Scritture: 

SALMO 23

     [L’AMOR DIVINO] è il mio pastore, nulla mi 
mancherà.
     [L’AMORE] mi fa giacere in verdeggianti paschi,
[L'AMORE] mi guida lungo le acque chete.
     [L’AMORE] mi ristora l'anima [senso spirituale],
[L'AMORE] mi conduce per sentieri di giustizia,
per amor del Suo nome.
     Quand'anche camminassi nella valle dell'ombra
della morte, io non temerei male alcuno, perché
[L'AMORE] è meco; il bastone [dell'AMORE]e la
verga [dell'AMORE]son quelli che mi consolano.
     [L’AMORE] apparecchia davanti a me la mensa
al cospetto dei miei nemici; [L'AMORE] unge il mio
capo con olio; la mia coppa trabocca.
     Certo beni e benignità m'accompagneranno
tutti i giorni della mia vita; ed io abiterò nella
casa [la coscienza] dell'[AMORE] per sempre.* 

*Secondo la versione King James della Bibbia

La missione de l’Araldo

L’Araldo della Scienza Cristiana fu fondato nel 1903 da Mary Baker Eddy. Il suo scopo è di “proclamare l’attività e la disponibilità universali della Verità”. La definizione di “araldo”, come indicata in un dizionario: “colui che avverte — un messaggero mandato avanti per annunciare l’approssimarsi di ciò che segue”, dà un significato particolare al nome Araldo ed inoltre indica il nostro dovere, il dovere di ognuno di noi, di vedere che i nostri Araldi assolvano alla loro responsabilità, una responsabilità inseparabile dal Cristo e annunciata per la prima volta da Gesù (Marco 16:15): “Andate per tutto il mondo e predicate l’evangelo ad ogni creatura”.

Mary Sands Lee, Christian Science Sentinel, 7 luglio 1956

Scopri di più su l’Araldo e sulla sua missione.