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Costruzione della pace e preghiera

Da L'Araldo della Scienza Cristiana - 29 marzo 2024

Originariamente pubblicato sul numero del 10 dicembre 1984 del Christian Science Sentinel


La pace nel mondo è un tema che riguarda ognuno di noi in ogni angolo della terra. Ciò che accade in una piccola isola dei Caraibi può interessare tanto l'asiatico quanto il nordamericano. Quando le superpotenze spostano liberamente le loro forze in tutto il mondo, quando vengono vendute armi sofisticate a paesi impreparati a salvaguardarne l'uso, quando ribolle la rabbia nazionale o etnica, il mondo trattiene il fiato.

Con tante palesi aggressioni e ostilità non troppo velate sulla scena internazionale, il buon cittadino è tentato di lasciarsi coinvolgere mentalmente. L'orgoglio nazionale, il moralismo, la rabbia, i pregiudizi razziali e religiosi, la rigidità mentale e l'odio possono trascinarci in atteggiamenti bellicosi, se non vengono guariti. Sembra quindi naturale indirizzare pensieri pieni di odio verso chi percepiamo come il nemico e accumulare arsenali di paura e ira. Cosa possiamo fare per evitare che queste forze distruttive esplodano?

Possiamo tutti pregare. La preghiera, come viene intesa nella Scienza Cristiana, è una dichiarazione dell'onnipotenza e dell'onnipresenza di Dio, il bene. Essa nega potere e sostanza reali al male, al diavolo, all'errore, alla distruzione, a tutto ciò che grida morte! peccato! malattia!

Le nostre preghiere sono efficaci su scala mondiale perché ognuno di noi, nella dimostrazione del Cristo, costituisce la maggioranza con Dio. La scopritrice e fondatrice della Scienza Cristiana, Mary Baker Eddy esprime questo concetto come segue: «L'uomo non è forse metafisicamente e matematicamente il numero uno, un'unità e quindi un numero intero, governato e protetto dal suo Principio divino, Dio? Dovete semplicemente mantenere un senso scientifico e positivo di unità con la vostra origine divina, e dimostrarlo quotidianamente. Allora scoprirete che uno è un fattore importante quanto i miliardi nell'essere e nel fare il bene, dimostrando così il Principio divino. Una goccia di rugiada riflette il sole. Ciascuno dei piccoli del Cristo riflette l'Uno infinito, e quindi è vera la dichiarazione del profeta che "uno dalla parte di Dio è la maggioranza”» (Pulpit and Press [Pulpito e stampa], pag. 4).

Comprendendo questo, il pensatore cristiano attento può fare molto per portare guarigione in un mondo in preda alla paura e alla rabbia. Il suo amore per Dio e la sua comprensione spirituale dell'uomo a immagine e somiglianza di Dio lo tengono lontano dal coinvolgimento mentale e lo rendono un costruttore di pace. La preghiera, cioè il riconoscimento dell'onnipotenza e della bontà di Dio («Sappi dunque oggi e ritienilo nel tuo cuore che l’Eterno è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra, e che non ce n'è alcun altro» — Deut. 4:39), e il discernimento della conseguente impotenza e dell'inesistenza del male («Tu [Dio] hai gli occhi troppo puri per vedere il male e non puoi guardare l’iniquità» — Habacuc 1:13) non riconoscono alcun uomo o nazione al di fuori dell'amore, della cura e della direzione di Dio.

Il costruttore di pace metafisico non trascura la preghiera che abbraccia i capi di Stato delle varie nazioni. Egli ribadisce la giurisdizione del Principio divino, Dio. Cerca risolutamente di «non sapere tra voi altro, se non Gesù Cristo» (I Cor. 2:2) e di riconoscere che l'uomo è in realtà spirituale, l’espressione di Dio, avendo la Mente di Cristo (cfr. Filippesi 2,5). Si rende conto che questa Mente — Dio — ha il controllo e lo esercita in modo intelligente e amorevole. È convinto che in verità non ci sono molte menti in perenne conflitto, perché c'è una sola Mente, Dio, e il suo riflesso, l'uomo, espressione individuale e armoniosa dell'intelligenza. La preghiera che riconosce il potere, la capacità e la presenza di Dio è benefica. In definitiva porta la pace. 

Il profeta Eliseo evidentemente lo sapeva, durante un conflitto tra i Siriani e il re d'Israele. Intuendo spiritualmente la posizione dei siriani, aveva salvato il re d'Israele diverse volte. Il re siriano decise allora di fare prigioniero Eliseo a causa dell'aiuto che il profeta offriva all'esercito di Israele. Mandò cavalli, carri e un grande esercito per circondare la città di Dothan, dove il profeta era accampato. Nel mezzo di questa situazione pericolosa, Eliseo riuscì a confortare il suo servo spaventato, che non vedeva come sarebbero potuti fuggire. Eliseo pregò Dio chiedendogli di aprire gli occhi del giovane «perché potesse vedere». Che cosa vide allora il servo? Vide che «il monte era pieno di cavalli e di carri di fuoco,  tutt’intorno ad Eliseo». Vide che grazie a Dio, Eliseo era protetto e al sicuro, seppure in mezzo a una scena di guerra. Ma non è tutto. I siriani furono fatti prigionieri da Eliseo e portati in Samaria, dove il re d'Israele gli chiese se avesse dovuto ucciderli. Eliseo rispose al re che anche lui non era solito uccidere i suoi prigionieri di guerra, quindi anche costoro non dovevano essere uccisi, e dovevano invece ricevere cibo e acqua e poter poi tornare dal loro re. Così fu fatto, e il racconto biblico termina dicendo che i Siriani «non vennero più a fare incursioni nel territorio d’Israele» (Vedi II Re 6:8-23).

Eliseo era un profeta, un veggente spirituale. In quel momento e in quella circostanza, la sua comprensione del potere e della presenza di Dio portò alla cessazione delle ostilità tra Siriani e Israeliti. Nel nostro tempo e in qualsiasi circostanza, tutti noi possiamo fare altrettanto: possiamo usare la nostra comprensione e percezione spirituale per contribuire a portare la pace a livello domestico, locale, nazionale e persino internazionale. Possiamo anche diventare profeti. Come un veggente spirituale, un profeta dimostra la «sparizione del senso materiale dinanzi ai fatti coscienti della Verità spirituale» (Scienza e Salute con Chiave delle Scritture, pag. 593), per usare la definizione di «profeta» data da Mary Baker Eddy in Scienza e Salute. Siamo profeti nella misura in cui la nostra coscienza riconosce Dio, il bene e nient’altro — ogni volta che discerniamo ciò che è spiritualmente vero. Il riconoscimento del fatto spirituale in una data situazione porta pace, armonia e guarigione nella nostra esperienza e in quella degli altri.

Un pomeriggio, in una piazza di una grande città degli Stati Uniti, una coppia fu improvvisamente fronteggiata da un uomo ubriaco che con aggressività si mise a sbraitare contro di loro: «Ci sarà una guerra tra me e voi». Non solo lui e la coppia erano di origini diverse, ma la città stessa aveva molti problemi irrisolti di natura razziale. Sembrava una situazione potenzialmente terribile. Che cosa accadde in realtà? La moglie della coppia, studiosa della Scienza Cristiana, divenne una «veggente spirituale» guardando al di là di ciò che i suoi occhi le suggerivano di vedere, contemplando invece l'identità spirituale dell'estraneo. Lo vide come l'amato figlio di Dio, che esprimeva tutta la Sua bontà, purezza e perfezione. Quindi gli sorrise e i tre iniziarono a parlare. Dopo circa cinque minuti, l'estraneo strinse le mani alla coppia e diede loro la sua benedizione. In un'atmosfera raggiante di buone intenzioni, proseguì per la sua strada dando l'impressione di essere assolutamente sobrio. Il riconoscimento spirituale della natura dell'uomo portò pace e guarigione in un momento difficile. 

Indipendentemente dal luogo in cui viviamo, possiamo mantenere la pace nella nostra quotidianità, valorizzandola. Riconoscendo che la pace è una qualità naturale di Dio ed è insita in Lui, e che lo è di conseguenza anche nell’uomo in quanto Sua immagine e somiglianza, non temeremo per la pace, ma faremo i passi necessari per esprimerla. Potremmo per esempio pregare quotidianamente per ampliare il nostro concetto e la nostra espressione di pace; potremmo affrontare il rancore, l'antipatia, il senso di superiorità, l'aggressività, il falso orgoglio e la mancanza di rispetto presenti nel nostro carattere o in quello degli altri. Potremmo opporci coscientemente a tutto ciò che è sbagliato nel nostro pensiero. Questo arruolamento volontario e l'adesione della coscienza a ciò che è santo ci rende una sorta di soldati; tuttavia un soldato cristiano può essere solo un costruttore di pace, perché è impegnato a combattere con il pensiero empio, non con le persone. Il campo di battaglia è la coscienza individuale, dove la verità affronta l'errore, la spiritualità trionfa sulla mentalità materiale e il Cristo sottomette l'amor proprio.

Unendo le forze con le schiere del cielo in questo modo si ottengono legioni di angeli: pensieri luminosi, freschi e vigorosi provenienti da Dio, pensieri di amore fraterno e di armonia abbastanza estesi da superare i confini nazionali, pensieri alati di quell'Amore divino che assicura la pace.

La missione de l’Araldo

L’Araldo della Scienza Cristiana fu fondato nel 1903 da Mary Baker Eddy. Il suo scopo è di “proclamare l’attività e la disponibilità universali della Verità”. La definizione di “araldo”, come indicata in un dizionario: “colui che avverte — un messaggero mandato avanti per annunciare l’approssimarsi di ciò che segue”, dà un significato particolare al nome Araldo ed inoltre indica il nostro dovere, il dovere di ognuno di noi, di vedere che i nostri Araldi assolvano alla loro responsabilità, una responsabilità inseparabile dal Cristo e annunciata per la prima volta da Gesù (Marco 16:15): “Andate per tutto il mondo e predicate l’evangelo ad ogni creatura”.

Mary Sands Lee, Christian Science Sentinel, 7 luglio 1956

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