La parola «perché» è talmente comune che il suo significato viene facilmente trascurato. Deriva dalla combinazione di «per» e «causa» (in inglese because: by+cause). Quindi, in un certo senso, ogni volta che usiamo questa parola, stiamo implicitamente affermando che ci siano una causa e un effetto. Ci fermiamo mai a interrogarci sui nostri perché? Per esempio, dobbiamo necessariamente prenderci un raffreddore per essere stati esposti a una corrente d'aria? O fare indigestione perché abbiamo mangiato un determinato cibo? O perdere vista, udito o forza perché siamo più anziani? Cristo Gesù certamente non considerò tutto ciò che gli appariva davanti come causa di effetti inevitabili. Le oltre quattromila persone tra uomini, donne e bambini non dovettero rimanere affamate perché c’erano solo sette pani e pochi pesci per nutrirli. Né la lapidazione della donna adultera fu inevitabile per il fatto che aveva commesso un peccato.
Fin dai tempi più remoti della storia, l’umanità cerca di capire i perché. Perché soffia il vento? Perché il blu e il giallo miscelati danno il verde? Perché siamo qui? Molti scienziati cercano una causa ultima, delle leggi o principi universali. La fede religiosa generalmente chiama questa causa primordiale, o prima, Dio. Ma si ferma lì, accontentandosi di definire Dio come l'unica grande causa. La Scienza Cristiana, invece, va oltre per rispondere effettivamente alla domanda: «Cos’è Dio?»
Essa riconosce che Dio deve davvero essere il Principio, l'unica causa dell'universo, e poi definisce questo Principio come Mente divina, Anima, Spirito, Vita, Verità e Amore — tutti termini per definire Dio che vengono espressi direttamente o implicitamente nelle Scritture. Quanto è significativa e ricca questa definizione di Dio! Indica quanto sia completamente inclusivo ed è il presupposto per determinare la natura dell'uomo e dell’universo e per definire la realtà. Secondo logica, l'universo e l'uomo devono esprimere la natura e le qualità di Dio, poiché la creazione deve essere simile al creatore. Pertanto, la Vita si deve costantemente esprimere in vitalità; l’Amore, in armonia e pace; lo Spirito, in spiritualità; l'Anima, in qualità e capacità indistruttibili; la Verità in veracità e rettitudine; la Mente, in intelligenza e comprensione. «La vera giurisdizione del mondo è nella Mente, che controlla ogni effetto e riconosce che tutta la causalità è stabilità nella Mente divina», scrive Mary Baker Eddy nel libro di testo della Scienza Cristiana, Scienza e Salute con Chiave delle Scritture (pag. 379).
Quando il termine «perché» si riferisce alla causa prima, cioè Dio, conferisce autorità alla dichiarazione. Possiamo allora trovare grande pace e sicurezza nella promessa del Salmista: «Poiché tu hai detto “O Eterno, tu sei il mio rifugio”, e hai fatto dell’Altissimo il tuo riparo, non ti accadrà alcun male, né piaga alcuna si accosterà alla tua tenda» (Salmi 91). E abbiamo altrettanta autorità per affermare: «Poiché sono fatto a immagine e somiglianza di Dio, sono completamente spirituale e quindi non soggetto alla materialità — sia essa sotto forma di dolore, infelicità, malattia o peccato». O ancora: «Non sono limitato né dal tempo, né da una quantità limitata di talento, reddito o intelligenza perché rifletto la natura infinita di Dio». Se compreso in questo senso, il termine perché si riferisce all’attività della legge di Dio nella circostanza. Tale realizzazione, vista e accettata con tutto il cuore, porta con sé non solo autorità, ma anche libertà.
E se invece consideriamo aspetti che non hanno origine divina, come odio, paura, rabbia, timidezza, ingenuità? Quando comprendiamo che Dio è l'unica vera causa, vediamo che questi, essendo dissimili da Dio, non possono avere una causa reale. Pertanto devono costituire incomprensioni di base riguardo alla natura di Dio e dell’uomo, e dunque non fanno parte della realtà. «Non vi è che una causa prima. Quindi non può esservi alcun effetto prodotto da altre cause e non può esservi realtà alcuna in ciò che non proviene da questa grande ed unica causa», afferma Scienza e Salute (pag. 207). In termini biblici, potremmo descrivere questi falsi tratti come una "maledizione senza causa" (Prov. 26:2). La Scienza Cristiana insegna come sradicarli (così come si fa con la malattia e le limitazioni) comprendendo e abbracciando la verità spirituale.
In senso spirituale, il termine perché costituisce il collegamento tra Dio e l’uomo. Questo concetto è anche ciò che distingue il Cristianesimo pratico e scientifico dai sistemi della mente umana, basati sul pensiero positivo o sulla manipolazione di una mente umana da parte di un’altra. La Scienza Cristiana non consiste nel pensare pensieri salutari per il corpo o nel visualizzare la salute. Si tratta di comprendere che si sta bene perché l’uomo è l’espressione eterna del Principio divino, Dio, che è eternamente perfetto e intatto.
La preghiera, come viene praticata dagli Scientisti Cristiani, spesso assume la forma di un ragionamento spirituale che parte dal presupposto che Dio, Spirito, è l’unica causa, e che l’uomo e l’universo ne sono l’effetto. Questo porta alla luce i fatti spirituali; ci ricorda ciò che è spiritualmente vero.
Una practitioner della Scienza Cristiana fu chiamata nel cuore della notte da qualcuno che soffriva di un dolore acuto. Mentre la practitioner pregava per capire cosa avrebbe potuto aiutare la persona che l’aveva chiamata, ebbe un’illuminazione: «Poiché egli è un uomo, è libero!» Le qualità e le caratteristiche dell’uomo di Dio le colmarono il pensiero. Comprese che l’uomo è l’espressione di Dio e che l’espressione o il riflesso di Dio non può essere diverso da Dio, cioè dal bene. In breve tempo arrivò un’altra chiamata da parte dell’uomo, che riferì di stare di nuovo bene.
Che si affermi una verità o che si sottolinei un errore, spesso è importante conoscerne o spiegarne il perché. Per esempio, un insegnante che osserva ciò che l’alunno Kevin sta scrivendo potrebbe fargli notare che ha scritto male una parola. Ma ciò correggerà l’errore? Kevin potrebbe riconoscere che c’è un errore, ma per imparare deve comprendere che squola è sbagliato perché la corretta ortografia è scuola.
Una Scientista Cristiana un giorno si rese conto di provare un fastidio al collo quando faceva un determinato movimento. Inizialmente ignorò il dolore. Successivamente, però, quando ripeté il movimento, il dolore fu più intenso. Questo fu sufficiente per allertarla all’importanza di riconoscere il perché del suo iniziale rifiuto di accettare il fastidio. Sapeva che il dolore non era vero perché la realtà è interamente spirituale e buona. Questa più profonda comprensione della verità fece cessare il dolore.
Tuttavia a volte i perché negativi sembrano fin troppo reali e legittimi. «Ho paura a causa della guerra; questa malattia è considerata incurabile; cerco lavoro da mesi e non l'ho trovato». Una volta, Eliseo, un profeta dell'Antico Testamento, e il suo servitore furono circondati da un esercito ostile inviato per catturarli. Il servitore era sgomento. Ma la fede di Eliseo in Dio fece sì che il profeta non provasse paura, e invece pregò che gli occhi del suo servitore si aprissero «affinché possa vedere». Allora il servitore vide che «la montagna era piena di cavalli e carri di fuoco intorno a Eliseo». I due non subirono alcun attacco. Anzi, alla fine, furono loro a condurre in prigionia i loro stessi assalitori. Anche noi siamo continuamente avvolti dalla verità spirituale e abbiamo accesso immediato all’aiuto di Dio attraverso una preghiera umile che chiede che i nostri occhi possano aprirsi per vedere questa verità. Continuando a fare questo lavoro, la paura diminuisce e siamo in grado di percepire la presenza di Dio.
In un certo senso, non solo la paura, ma anche la malattia potrebbe essere considerata un'abitudine a credere in un certo modo, abitudine che perpetuiamo inconsciamente a causa di un senso erroneo dei perché. Per esempio, si sa che poiché la Terra non è mai stata piatta, la credenza della Terra piatta dovette essere creduta e ribadita regolarmente affinché potesse continuare. Allo stesso modo, perpetuiamo la malattia quando le attribuiamo non solo una causa, ma anche una storia. «Tutto è iniziato quando un amico ha fatto un commento sgradevole… Qualcuno ha insistito affinché provassi la cocaina solo una volta... I miei genitori hanno divorziato». Reagiremmo con fermezza a qualsiasi tentativo di un ipnotizzatore di indurre una malattia nella nostra vita. Ma quanto spesso ci ipnotizziamo da soli! Ripassiamo i sintomi di una malattia, forse attribuendola all’ereditarietà o a eventi passati o presenti; ne consideriamo la prognosi e a volte la accettiamo come troppo potente per essere combattuta. Quanto meglio sarebbe negarle qualsiasi perché o storia, e resisterle con lo stesso impegno con cui eviteremmo il male o il crimine. La Scienza Cristiana non solo chiarisce che non c’è alcun perché reale dietro la malattia o il peccato, ma, cosa più importante, ci mostra che c’è un’unica causa divina di tutto ciò che è reale, e questa causa ci mantiene sani e retti.
Quando continuiamo a riconoscere che Dio è l’unica causa, capiamo che le componenti causa ed effetto devono essere intrinseche a ogni qualità divina. Poiché ciò è così, la purezza, l'amore e la comprensione spirituale devono sempre includere degli effetti. Ogni pensiero spirituale che pensiamo deve portare a del bene, a qualche beneficio per noi stessi e per gli altri. È per questo che Giacomo scrisse: «Molto può la preghiera del giusto, fatta con efficacia» (Giacomo 5:16).
Anche se causa ed effetto implicano una relazione, ciò non significa che siano separati in alcun modo. Non si può separare la vitalità dalla Vita, né la Vita dalla vitalità. Sono la stessa cosa in termini di qualità; differiscono solo nella funzione. Inoltre causa ed effetto non sono azioni successive, ma piuttosto premessa e conclusione. «In principio» può benissimo significare «per cominciare». Il tempo non entra nell’universo spirituale.
L’uomo e l’universo, in quanto effetti di Dio, sono continuamente «causati», e questa visione spirituale mostra che la creazione è in costante svolgimento. L'essere è uno stato di svolgimento sempre in atto, di coesistenza con Dio, senza inizio né fine. Man mano che impariamo a riconoscere Dio come l'unica causa, i nostri perché acquisiscono un significato più profondo. Li usiamo con meno superficialità. Inoltre ci rendiamo conto della guarigione che deriva dallo sforzo di vivere nella comprensione di noi stessi come effetto della sola «grande ed unica causa» — Dio.