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La cura di Dio nei momenti di dolore

Da L'Araldo della Scienza Cristiana - 21 marzo 2025

Originariamente pubblicato sul numero di febbraio 2025 de The Christian Science Journal


Recentemente un caro amico mi ha accoratamente chiesto come gli Scientisti Cristiani affrontino il lutto dopo la scomparsa di una persona cara. Dopo avergli risposto, la nostra conversazione si è spostata su altri argomenti, ma la sua domanda mi è rimasta impressa. Una risposta che mi ha aiutato è la profonda consapevolezza che i nostri cari continuano nell'amore di Dio. Nel libro di testo della Scienza Cristiana, Scienza e Salute con Chiave delle Scritture, Mary Baker Eddy spiega che «Dio e l'uomo reale sono inseparabili in quanto Principio divino e idea» (p. 476).

La tentazione di cadere nell'oscurità e nella tristezza è forte a seguito di una perdita. Si potrebbe persino pensare che la profondità del nostro amore per la persona scomparsa sia dimostrata solo da una sofferenza sufficiente. Poiché la perdita di una persona cara può sembrare un evento drammatico, queste reazioni non sono irragionevoli. La guarigione da questo tipo di sofferenza è individuale, diversa per ciascuno. Anche se non sottovaluterei mai il processo personale di elaborazione del lutto, c'è un’argomentazione che può essere addotta per non accettare che tale processo debba essere lungo, a prescindere dalla profondità della nostra devozione e del nostro amore.

Una volta un'amica mi ha raccontato lo stupore da lei provato nei confronti di un altro membro della Chiesa che aveva appena perso il marito e non mostrava alcun segno di dolore. Questo mi ha spinto a riflettere sull'idea che una fase di elaborazione del lutto prima di poter finalmente tornare a sentirsi in pace possa non essere necessaria. Tuttavia, lunga o breve che sia, la guarigione della sofferenza può essere un'esperienza sacra. Può rivelarsi una di quelle prove che sono «segni della sollecitudine di Dio” (Scienza e Salute, p. 66) e che, in ultima analisi, ci portano a un senso più pieno della vita eterna, quando la si considera in profondità e con occhi nuovi. 

Due fattori importanti per la guarigione del dolore per un lutto sono che Dio, in quanto Amore, si prende cura della persona amata e si prende cura anche di noi. Possiamo quindi affermare che di fatto la nostra percezione di affetto non si è veramente interrotta.

L'esperienza della morte del mio amato cane può sembrare insignificante rispetto alla perdita di una persona cara, ma vorrei citarla qui perché la più profonda comprensione che ho acquisito mi ha poi aiutato in situazioni più difficili. Quando il mio cane mi ha lasciato, ho percepito un dolce senso di continuità spirituale con lui, che mi ha permesso di arrivare a una comprensione ancora maggiore quando è venuta a mancare mia madre. Per quanto possa sembrare modesta, l'esperienza con il mio amato cane mi ha aiutato a capire qualcosa di nuovo e di più elevato sulla vita eterna.

Quando venne a mancare mia madre, la guarigione dal dispiacere fu sorprendentemente rapida. Tuttavia, sebbene mi sentissi protetta dal dolore, non fu certo un momento privo di conseguenze. Al contrario, portò una profonda consapevolezza della tangibile essenza spirituale di mia madre. Attribuisco in parte  questo stato di coscienza elevata al sostegno delle preghiere amorevoli di una practitioner della Scienza Cristiana alcune settimane prima della morte di mia madre. Mi sentii molto ispirata e presi consapevolezza dell'inseparabilità di mia madre dall’Amore.

Un altro elemento utile che può portare conforto è la gratitudine. Nel modo più tenero possibile, la profonda gratitudine per una persona cara che non è più con noi costituisce un potere che può aiutare a scacciare il dolore. Può essere utile il consiglio di Scienza e Salute: «… è saggio considerare seriamente se è la mente umana o la Mente divina che ci sta influenzando» (pp. 82-83). La gratitudine verso Dio, che è la sorgente della persona amata, ci rende ricettivi alle benedizioni divine provenienti dalla stessa sorgente.

In entrambe le guarigioni, percepii come un caldo senso di gratitudine che andava a sostituire il dolore. A differenza di una persona che comunica con noi, l'amore di Dio tocca il nostro pensiero con l'essenza eterna di questa persona come dono permanente di Dio.

La nostra propensione a scorgere qualcosa di nuovo e di più elevato rompe gli schemi del dolore. Mary Baker Eddy allude a questo fenomeno quando spiega che «Gesù dimostrò l'incapacità della corporeità, come anche la capacità infinita dello Spirito, aiutando così il senso umano erroneo a sfuggire alle proprie convinzioni e a cercare salvezza nella Scienza divina» (Scienza e Salute, p. 494). Se rinunciamo a credere che la vita sia nella materia, vediamo ovunque nuove espressioni di vita, perché ci stiamo aprendo ad esse.

La morte di un'altra persona cara fu per me un momento più difficile, perché c'erano molte questioni irrisolte, rancori che avevo covato. Nel tentativo di trovare pace, mi ricordai del racconto biblico di Maria, la quale non riuscì a vedere Gesù al sepolcro perché non si aspettava di trovarlo vivo. Quando Gesù la chiamò per nome - o, metaforicamente, ne vide la vera natura - riconobbe Gesù risorto. Questo dimostra che, esprimendo la propria vera natura, si può provare una maggiore pace. Questo è ciò che accadde a me. 

Dovevo trovare tranquillità e ascoltare la voce di Dio, Verità, che ci dice qualcosa di diverso dal frastuono del dolore. Nel momento della sofferenza, arrivò un pensiero angelico e sorprendente: «C’è qualcos'altro che sta accadendo qui. Presta attenzione, così che io possa mostrartelo». Capii che solo le buone qualità della persona amata - quelle spirituali - erano reali, mentre il resto, non provenendo da Dio, era irreale. 

Una mattina, mentre ero assorta nella preghiera, mi sentii spinta a comprendere l'identità interamente spirituale di questa cara persona, separata da qualsiasi tratto caratteriale problematico. Chi era questa pura figlia di Dio che l'Amore divino aveva creato e accudito? Mi ricordai di tutte le qualità, come gioia, giovialità, intelligenza e compassione, che avevo provato nella nostra relazione prima che i tratti caratteriali negativi offuscassero il nostro legame. L'Amore divino stava comunicando con me in un modo che potevo comprendere. Cominciai a opporre resistenza ai passi tipicamente delineati del dolore e a cercare qualcosa di più alto e diverso.

Questo mi liberò dal dolore profondo e un senso di leggerezza sostituì quello di oscurità che pesava su di me. In un modo sorprendente, l'Amore divino mi stava dando la pace che desideravo tanto sentire. Inaspettatamente, i tratti caratteriali unici della cara persona furono sapientemente e affettuosamente menzionati nell'elogio funebre pronunciato per lei da un parente stretto durante la cerimonia di commemorazione. Questo mi fece provare un nuovo affetto nei confronti dei suoi modi stravaganti e il mio cuore guarì. 

Non ci fermiamo necessariamente a riflettere sulle qualità spirituali di una persona cara finché non la perdiamo. Ma non dobbiamo aspettare che qualcuno muoia per sviluppare questa consapevolezza. Dio ci comunica sempre ciò che le persone sono veramente, se le osserviamo e le interpretiamo attraverso il nostro senso spirituale più elevato.

Anche se passando davanti al suo cespuglio fiorito preferito percepisco l'essenza gentile e unica di mia madre, non esiste un mezzo materiale o uno spirito personale di bene, ma piuttosto il bene sempre presente che è Dio, il Tutto-in-tutto, espresso in modi infiniti e individuali. Non dobbiamo limitare in nessuna direzione l'espressione “madre”, “padre” o “amico”. Mi è capitato di percepire un senso di “maternità” nei miei confronti proveniente da persone diverse da mia madre, in modi che mi hanno ricordato dolcemente il suo amore. Quando ci allontaniamo dalle limitazioni della corporeità, sfuggiamo alle nostre convinzioni ipnotiche apprese dalle credenze del mondo riguardo alla sofferenza. 

Dopo aver meditato in preghiera sul tema del dolore causato da una perdita, mi sono resa conto che il nocciolo della questione è che Dio è Amore. Quindi deve continuare a esserci qualcosa di meraviglioso, adorabile e amorevole da comprendere e vivere riguardo a ogni persona cara che scompare dalla nostra vita.

Non dobbiamo rinchiudere i nostri cari in uno stato remoto, lontano da noi. Anche in futuro, dovesse ricapitarmi un caso simile, vorrei cercare più rapidamente una comprensione più profonda della vita eterna e lasciare che sotto questa luce le molte illusioni della credenza nella morte svaniscano.

La missione de l’Araldo

L’Araldo della Scienza Cristiana fu fondato nel 1903 da Mary Baker Eddy. Il suo scopo è di “proclamare l’attività e la disponibilità universali della Verità”. La definizione di “araldo”, come indicata in un dizionario: “colui che avverte — un messaggero mandato avanti per annunciare l’approssimarsi di ciò che segue”, dà un significato particolare al nome Araldo ed inoltre indica il nostro dovere, il dovere di ognuno di noi, di vedere che i nostri Araldi assolvano alla loro responsabilità, una responsabilità inseparabile dal Cristo e annunciata per la prima volta da Gesù (Marco 16:15): “Andate per tutto il mondo e predicate l’evangelo ad ogni creatura”.

Mary Sands Lee, Christian Science Sentinel, 7 luglio 1956

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