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“Lasciare tutto per il Cristo”

Da L'Araldo della Scienza Cristiana - 19 dicembre 2013

Originariamente pubblicato sul numero di dicembre 2013 di The Christian Science Journal


Non molto tempo fa, un amico mi confidò: "Sto davvero lottando con la necessità di rinunciare a ciò che è buono nella vita per essere più spirituale. Ho iniziato un business di successo. Ho una famiglia amorevole e una bella casa. Ho molti amici e i miei figli frequentano scuole prestigiose. Non capisco perché, se voglio essere più spirituale, dovrei lasciare andare tutto questo. Mi piace la mia vita!"

Il mio amico aveva appena espresso ciò che molti cristiani, compresi i discepoli di Cristo Gesù, probabilmente hanno avvertito profondamente in un momento o in un altro della loro vita. Ad esempio, nel Vangelo di Matteo, Gesù chiama Simon Pietro e suo fratello Andrea, insieme con Giacomo e Giovanni, dicendo loro incisivamente: "Venite dietro a me" (vedi Matteo 4:18-22). Ma per loro, seguirlo significava abbandonare l’impresa di pesca di famiglia, i loro familiari mestieri di pescatori. Anche Levi dovette dimettersi dalla posizione professionale redditizia di esattore delle tasse (vedi Marco 2:14) e Gesù disse a un altro discepolo di affidare la sepoltura di suo padre ad altri (vedere Matteo 08:21-22).

Visto quello che i discepoli del Maestro si dovettero lasciarsi alle spalle per seguire il Cristo, è facile capire perché il mio amico stesse resistendo a questa idea. Pietro stesso si era lamentato : "Abbiamo lasciato le nostre case, e t’abbiam seguitato”.

Ma la risposta di Gesù a Pietro spostò la discussione ad un livello più elevato. Gesù, pur riconoscendo che molti si erano effettivamente lasciati tutto alle spalle, disse: "Non v’è alcuno che abbia lasciato casa, o moglie, o fratelli, o genitori, o figliuoli per amor del regno di Dio, il quale non ne riceva molte volte tanto in questo tempo, e nel secolo avvenire la vita eterna” (Luca 18:28-30). Per me questo significa che al di sopra e al di là delle cose del mondo vi sono pace immediata e tesori eterni, che sono interamente spirituali. Gesù assicurò ai suoi discepoli che l’acquisizione di questa sacra prospettiva avrebbe arricchito, non impoverito, la loro esperienza umana.

La frase, "abbandonare tutto per il Cristo" in realtà non si trova nella Bibbia. Mary Baker Eddy la introduce sei volte nei suoi scritti pubblicati, inclusa questa affermazione in Scienza e Salute con Chiave delle Scritture: "La dimostrazione cristiana richiede molto di più di una professione di fede. Pochi comprendono o aderiscono ai precetti divini di Gesù per vivere e guarire. Perché? Perché i suoi precetti richiedono che il discepolo si mozzi la mano destra e si cavi l'occhio destro - cioè, che metta da parte perfino le credenze e le pratiche più care e che abbandoni tutto per il Cristo"(pag. 141:3).

Lasciare tutto per il Cristo non significa necessariamente che dobbiamo rinunciare a casa, famiglia, amicizie, occupazione, proprietà e/o che dobbiamo vivere in solitudine o in ristrettezze. Piuttosto, significa essere disposti ad andare in profondità nel nostro pensiero. Esige non semplici azioni umane, ma che modifichiamo i nostri pensieri su noi stessi e sulla nostra vita, che siamo disposti a rinunciare ai nostri progetti e disegni personali, che vinciamo le paure di penuria, che guariamo la malattia ed il peccato in noi stessi e negli altri con la comprensione spirituale della salute e della santità che Dio ci ha dato.

Lasciare tutto per il Cristo significa denunciare fermamente e persistentemente e distruggere ogni credenza del male o di un potere al di fuori di Dio che si presenti alla coscienza. Significa sentire il puro desiderio di capire meglio che l'uomo è inseparabile da Dio, che l'uomo è del tutto spirituale e che il Cristo può essere conosciuto e vissuto attraverso la pura spiritualità dell'uomo.

Lasciare tutto per il Cristo non è una professione di fede fatta una volta sola e non è qualcosa che si compie nell’arco di un'ora o un giorno. Consiste nel dedicare veramente ogni giorno della propria vita a riconoscere e dichiarare la propria perfezione presente in quanto uomo e donna della creazione divina.

Mary Baker Eddy lo spiega in questo modo : "Semplicemente chiedere di poter amare Dio, non ce Lo farà mai amare; ma il desiderio ardente di essere migliori e più santi, espresso in vigilanza quotidiana e nello sforzo di assimilare di più del carattere divino, ci modellerà e formerà di nuovo, finché ci sveglieremo a Sua somiglianza" (Scienza e Salute, pag. 4). Non includerebbe forse questo lasciarci dietro ciò che non aiuta il nostro progresso per sostituirlo con ciò che è più sostanziale e spirituale?

Da dove possiamo cominciare? Potrebbe essere semplice come toglierci da mailing list che inviano messaggi di cui non abbiamo bisogno o che non leggiamo, o come eliminare alcuni dei siti "preferiti" che hanno poco valore rispetto al tempo che potremmo loro dedicare o semplicemente spegnere la televisione per un giorno. Andando più in profondità, potremmo scoprire altri luoghi nella nostra vita e nel nostro modo di pensare dove eliminare "credenze e pratiche care" come il pettegolezzo, il risentimento e l’offendersi, solo per citarne alcuni, che possano ostacolare il nostro progresso.

La fase iniziale della mia attività professionale nel campo della pubblicità è stata gratificante, ma era anche un campo dove brave persone avevano spesso il vizio di spettegolare o esprimere risentimento e dove la virtù e l'onestà erano lontane dall’essere dei valori universalmente apprezzati. Con l’avanzare della mia carriera in questo ambito, mi sono trovato a cercare una base più spirituale in termini di scopo e significato. C'era un bagliore del Cristo che ferveva costantemente in me, un crescente desiderio di servire Dio e l'uomo in modo più consistente.

Poi, durante una riunione di testimonianze del mercoledì in una chiesa filiale, tutto mi fu chiaro leggendo un verso dell’Innario della Scienza Cristiana: "la tua missione è di guarire" (Inno n. 5 di Irving C. Tomlinson). Mi chiesi: è la chiamata di Dio per me di "lasciare tutto per il Cristo"? Sicuramente così mi sembrava. Eppure l'agenzia pubblicitaria di cui a quel punto ero partner aveva appena concluso il suo più grosso affare, in gran parte grazie al mio intervento. Era davvero questo il momento giusto o migliore per lasciarmi alle spalle tutto questo successo?

Comunque, quel desiderio continuò a mantenersi vivo in me e mi fece proseguire. La transizione non richiese nessun tira e molla, solo una prontezza silenziosa a spostarmi ovunque Dio mi chiamasse. Nel giro di un mese avevo lasciato l'agenzia pubblicitaria, perché ad un tratto ero stato nominato Comitato di Pubblicazione per lo Stato del Wisconsin. Pochi anni dopo, misi l’inserzione come practitioner della Scienza Cristiana nel The Christian Science Journal, lavoro che continua ad essere la mia attività principale d’oggi.

Per me, questo dolce desiderio sollecitato dall'Amore divino di lasciare tutto per il Cristo - lasciando il mondo aziendale per occuparmi delle "cose del Padre mio" (Luca 2:49) - non ha diminuito il mio senso di casa, di famiglia o di lavoro. Anzi, ha portato stabilità e la realizzazione di tutte quelle attività in modi che non avrei mai immaginato. E ha fatto anche di più: ha aperto la mia comprensione al vero significato di sostanza, alla mia identità spirituale e all'amore imparziale di Dio per tutta l'umanità.

Dopo aver scoperto la Scienza Cristiana, Mary Baker Eddy dedicò il resto della vita a portare questa Scienza al mondo. Non è poca cosa quella di aspettarsi che i suoi discepoli accettino la responsabilità di continuare la sua pratica di guarigione pubblica oggi, ovunque ci troviamo e qualunque cosa facciamo. Essa scrive: "Siamo Scientisti Cristiani solo nella misura in cui abbandoniamo la nostra fiducia in ciò che è falso e afferriamo il vero. Non siamo Scientisti Cristiani finché non abbandoniamo tutto per il Cristo” (Scienza e Salute, pag. 192).

Se vogliamo essere più spirituali, possiamo renderci conto che nessun sacrificio di comodità puramente materiale e personale è troppo grande, perché quando lasciamo il "falso per cogliere il vero", diventiamo guaritori per il mondo. Il nostro mondo ricerca sicurezza, luce, libertà dal pregiudizio e guarigione dal peccato, dalla malattia e dalla morte. Rinunciare alla materialità per impiegare il potere guaritore del Cristo è essenziale per eliminare in modo permanente la visione limitata ed errata secondo cui l'uomo è mortale, un essere fisico vulnerabile, separato da Dio. Questa "eliminazione" rivela l'uomo a somiglianza perfetta del suo creatore, Dio.

La ricompensa della nostra fedeltà al Cristo è smisurata. Come promesso da Gesù, noi riceviamo "molte volte tanto in questo tempo, e nel secolo avvenire la vita eterna". La richiesta di abbandonare tutto per il Cristo porta luce e gioia infinita nella nostra vita, e ci fa riflettere questa luce nel mondo.

La missione de l’Araldo

L’Araldo della Scienza Cristiana fu fondato nel 1903 da Mary Baker Eddy. Il suo scopo è di “proclamare l’attività e la disponibilità universali della Verità”. La definizione di “araldo”, come indicata in un dizionario: “colui che avverte — un messaggero mandato avanti per annunciare l’approssimarsi di ciò che segue”, dà un significato particolare al nome Araldo ed inoltre indica il nostro dovere, il dovere di ognuno di noi, di vedere che i nostri Araldi assolvano alla loro responsabilità, una responsabilità inseparabile dal Cristo e annunciata per la prima volta da Gesù (Marco 16:15): “Andate per tutto il mondo e predicate l’evangelo ad ogni creatura”.

Mary Sands Lee, Christian Science Sentinel, 7 luglio 1956

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