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La nostra casa in Dio

Da L'Araldo della Scienza Cristiana - 1 ottobre 2009

Tradotto dal Christian Science Sentinel, Volume 111, Numero 1


Casa: «La quieta consapevolezza di essere amati», come l'aveva definita una mia amica che, a più di 90 anni, abitava da sola in una casa modesta dopo una vita straordinaria dedicata al servizio di Dio. La sua pace e certezza nell'amore di Dio erano evidenti.

In ogni cuore onesto alberga il desiderio di una casa ideale, anche se essa può sembrare lontana. Il problema è che generalmente viene considerata in termini di «4 p» - proprietà, possesso, persone e posto. Ma in un mondo dove tanti sono coloro che non hanno fissa dimora o ne sono stati espropriati, dove i rifugiati vengono sradicati dal loro Paese d'origine, dove la salvaguardia della famiglia non esiste e non vi sono più punti di riferimento fondamentali, la «casa» deve avere anche un significato diverso. Per essere permanente, deve essere qualcosa di radicato dentro di noi.

Un'ispirata espressione di questo concetto ci viene dalla penna di Dietrich Bonhoeffer, un giovane tedesco, cristiano, imprigionato a causa della sua resistenza al regime nazista ed alla fine giustiziato per la sua fede. Mentre si trovava in cella scrisse che la casa «è un regno per sé nel mezzo del mondo, un caposaldo nel mezzo delle tempeste e delle bufere della vita, un rifugio, persino un santuario. Non ha le fondamenta sulle sabbie mutevoli della vita pubblica, ma trova la sua pace in Dio, perché è Dio che le conferisce significato e valore speciale, natura e privilegio, destino e dignità. È una sistemazione nel mondo data da Dio, il posto in cui qualsiasi cosa accada nel mondo, possano esistere pace, tranquillità, gioia, amore, purezza, disciplina, rispetto, ubbidienza, tradizione e, in ultimo, la felicità» (A Testament to Freedom).

Bonhoeffer trovò questo senso di casa dentro di sé quando le circostanze esterne non potevano esserne più lontane. Egli fu in grado di esprimere, nella sua vita quotidiana in prigione, la gioia che rifletteva quella stessa «quieta consapevolezza di essere amati» di cui parlava la mia amica. Si tratta di un Paese che non potrà mai essere invaso, di cui non potremo mai essere espropriati, un regno spirituale che è presente ovunque ci troviamo. Non potrà mai essere lasciato con nostalgia o essere lontano da noi migliaia di chilometri. Esso è la consapevolezza che Dio è con noi, qui e ora.

Mary Baker Eddy amava ed apprezzava la casa. Quella della sua infanzia le era molto cara, ma a partire dal suo primo matrimonio e trasferimento, il viaggio della vita la portò attraverso anni di spostamenti durante i quali il centro e la dimora degli affetti ebbe ogni volta breve durata. Dal 1872 al 1875, mentre stava scrivendo e mettendo in pratica le idee del suo libro Scienza e Salute con Chiave delle Scritture, ella cambiò casa circa 20 volte e forse anche di più, perché arrivò ad affermare che la sedia sulla quale scrisse il libro cambiò 8 case diverse solo nel 1874!

Penso che avrebbe molto apprezzato le storiella del bambino la cui famiglia era senza fissa dimora: quando al piccolo venne chiesto perché non avesse una casa, egli rispose: «Certo che abbiamo una dimora, ma non abbiamo una casa dove metterla». Un pensiero simile è espresso nelle parole di Gesù «le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi, ma il Figliuol dell'uomo non ha dove posare il capo» (Matteo 8:20).

Tuttavia, gli anni di difficoltà svilupparono in Mary Baker Eddy un senso di dimora più profondo e permanente. Come disse ai membri della sua casa anni prima: «La casa non è un luogo, ma un potere. Troviamo casa quando arriviamo alla piena comprensione di Dio. Una casa! Pensateci: dove il senso non pretende nulla e l'Anima appaga» (Irving Tomlinson, Twelve Years with Mary Baker Eddy, Amplified Edition, 1996, pag. 211). Nonostante a quell'epoca vivesse in una casa che avrebbe solo sognato anni addietro per calore e bellezza, il suo senso di dimora si stava evolvendo. L'evoluzione era spirituale, così come la base del suo pensiero si stava spostando dal senso all'Anima. La gestione della casa comportava meno beni e massimo ordine per consentirle di dedicarsi al lavoro che Dio le aveva affidato.

Il ministero unico e rivoluzionario di Gesù dovette compiersi in soli tre anni e nel suo caso, questo compito fu possibile solamente perché non aveva alcun legame materiale. La sua dimora in Dio tuttavia, era con lui ovunque andasse. Come spiegò ai suoi discepoli: «Nella casa del Padre mio ci son molte dimore; se no, ve l'avrei detto; io vo a prepararvi un luogo; e quando sarò andato e v'avrò preparato un luogo, tornerò, e v'accoglierò presso di me, affinché dove son io, siate anche voi» (Giovanni 14:2,3). Ho spesso pensato che tutte le qualità di una casa - ospitalità, accoglienza e cura - siano espresse in quel «luogo» non per uno spazio di tempo limitato, ma per l'eternità. Quale rassicurazione ci dà questa dimora in Dio, ora e per sempre!

Nel corso degli anni, arrivano momenti in cui occorre acquisire un nuovo senso di casa. Un nostro giovane amico studente si trovò in una città universitaria nota per la mancanza di alloggi. La stanza che pensava fosse sua per l'anno a venire, fu data in affitto inaspettatamente ad altri ed in quel momento era ormai tardi per poter cercare altrove. Mentre gli altri si affrettavano in ogni direzione alla ricerca di alloggio, egli si sentì tranquillamente sicuro che sarebbe stata la stanza a trovare lui. Per molte settimane aveva riflettuto su queste righe:

Pellegrino sulla terra hai in te asilo,
Dei secoli erede e figlio del giorno…
protetto, amato, vigilato e curato,
con fede e coraggio prosegue il cammino.
(Innario della Scienza Cristiana, no. 278)

Il nostro amico continuò a concentrarsi sui suoi studi universitari e proprio quando finì si fece avanti un compagno di università proponendogli di dividere la casa con altri tre per l'anno a venire, sistemazione che si dimostrò essere perfetta per tutti.

Un cambiamento di casa che può rappresentare una sfida è quello di coloro che, dopo una vita vissuta in piena autonomia, arrivano ad aver necessità di spostarsi in una residenza per anziani per ricevere assistenza. In questo caso può essere incoraggiante considerare il concetto di casa come qualcosa in evoluzione. Questa nuova espressione di casa può diventare un luogo di crescita, di sviluppo. Osservai una mia anziana parente crescere in grazia quando imparò a dedicarsi a coloro che la circondavano. Non fu sempre facile, ma le fotografie mostrano come la sua espressione cambiò e si ingentilì nel corso degli anni mentre faceva suo un rinnovato senso di casa e di famiglia.

Probabilmente casa e famiglia sono inseparabili: la capacità di trovare casa dentro di noi ci rende capaci di trovare la famiglia ovunque ci troviamo. E questa è un'avventura di vita che non conosce limiti.

Quando io e mio marito ci sposammo, una cara amica ci offrì un generoso dono per aiutarci ad acquistare la nostra prima casa; ma il suo vero dono fu ben più che pecuniario: ella elevò il nostro concetto di casa da qualcosa da possedere a qualcosa da condividere. Ci disse che sperava che ci considerassimo custodi e non proprietari. Tutto ciò che ci regalò (e regalò generosamente a tanti, oltre a noi) recava una targhetta: «da usarsi per aiutare il prossimo», e un'altra recava la scritta: «al momento giusto puoi donarmi a qualcun'altro». Era uno sviluppo continuo. La casa non era solo mattoni e cemento, essa era un'idea spirituale - non fine a se stessa, ma centrata sul servizio a Dio ed al prossimo. Questa saggia e gentile amica ci donò la visione giusta, oltre al regalo in sé, e ci indirizzò su un sentiero che si allargò nel corso degli anni.

Da allora, oltre alla nostra famiglia, la nostra casa ha sempre ospitato qualche amico o visitatore da qualsiasi parte del mondo. Alcuni vennero con l'idea di fermarsi per una sola notte e si trattennero per anni, ma arrivarono e se ne andarono quando ne ebbero bisogno e la tempistica fu sempre giusta. Scoprimmo che questo stile di vita non era adatto a tutti, ma in un mondo dove una casa ed una famiglia possono essere difficili da trovare - soprattutto per i giovani da soli - scegliemmo di interpretare in questo modo la visione della nostra amica. E Dio ci ha dato una meravigliosa famiglia allargata!

Durante questi anni abbiamo imparato molto su cosa voglia dire casa. Abbiamo attraversato recessioni economiche - quando sembrava quasi impossibile cambiare casa o disporre anche solo di ciò di cui avevamo bisogno. Abbiamo con pazienza riparato e modificato, sapendo che la qualità della vita che stavamo vivendo era più importante di una soluzione di prestigio. Quelle pareti «elastiche» hanno continuato ad espandersi per fare spazio a coloro che avevano bisogno di condividere la nostra casa ed ognuno ha portato nuove dimensioni alla nostra visione della famiglia universale di Dio.

Attraverso esperienze come queste, ho imparato che quando avvengono quei cambiamenti che ci cambiano la vita, ci troviamo in nuove situazioni che portano nuove richieste e nuove opportunità. Ma sia che la nostra sorte sia di vivere semplicemente da nomadi sotto una tenda o nella complessità di una città moderna, la casa che non cambia mai è quella dentro di noi. E' la nostra casa in Dio, benedetta da quella «quieta consapevolezza di essere amati».


Fenella Bennetts è practitioner ed insegnante della Scienza Cristiana. Vive a Claygate in Gran Bretagna.

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Mary Sands Lee, Christian Science Sentinel, 7 luglio 1956

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