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Prega in base a ciò che sai!

Da L'Araldo della Scienza Cristiana - 26 febbraio 2018

Originariamente pubblicato sul numero di novembre 2017 de The Christian Science Journal


Tutti sanno che non si può dimostrare o provare ciò che non si comprende, né si comprende ciò che non si dimostra. Comprensione e dimostrazione procedono di pari passo e sono indispensabili l’una all’altra. Non solo procedono insieme, ma crescono insieme.

Prendiamo la nostra comprensione di Dio. Quando applichiamo e dimostriamo ciò che sappiamo di Dio, la nostra comprensione di Lui cresce naturalmente, così come crescono le nostre dimostrazioni della Sua bontà onnipotente. Come le radici di un albero crescono in profondità mentre l’albero cresce in altezza, così la nostra comprensione di Dio si approfondisce mentre le dimostrazioni diventano più elevate.

Nessuno che io conosca ha mai trovato aiuto nel lamentarsi di quanto poco conoscesse di Dio. Migliaia di persone, invece, sono guarite utilizzando ciò che sapevano di Lui, fosse anche una sola cosa!

Quando avevo cinque anni mi persi in una città che non conoscevo durante una gita di famiglia. Ripensai a ciò che avevo appreso alla Scuola domenicale su Dio, cioè che è un Pastore amorevole, e a ciò che ricordavo del Salmo 23. Quindi ragionai: “Dio è accanto a me, perciò non posso avere paura. Lui mi guiderà”. Così fece: girai a sinistra anche se sembrava illogico, e vidi i miei genitori che camminavano sul marciapiede verso di me. Così ci ritrovammo.

Questa piccola esperienza mi dimostrò che non conta quanto conosciamo Dio, ma come utilizziamo ciò che sappiamo di Lui! Si potrebbe pensare che mi sarei poi ricordata bene quella lezione, ma col passare del tempo si sbiadì nella memoria. Tuttavia, tornò a risvegliarmi quando, ormai cresciuta, sposata e con figli, stavo studiando con zelo la Scienza Cristiana. Amavo conoscere meglio Dio ogni giorno nel mio studio, apprendendo che è onnipresente, onnipotente, buono, costante, coerente, immutabile. Tuttavia, invece di dimostrarlo ogni giorno di più, continuavo ad aspettare, aspettare e ancora aspettare qualcosa “che fosse alla mia portata”, sufficientemente grande perché valesse la pena pregare, ma non “troppo grande”. Ripensandoci, definisco quel periodo come “fase  Riccioli d’oro”, in cui aspettavo che arrivasse il problema “giusto”, un problema che io fossi in grado di risolvere. Probabilmente lo avrete già indovinato: quel problema non arrivò mai.

Mi aggrappai a questa promessa e a ciò che sapevo sulla Verità, Dio.

Però Dio mi risvegliò! Dovendo affrontare diversi problemi gravi, ognuno dei quali sembrava davvero troppo grande per me, studiavo come uno studente che dovendo affrontare un esame tenta di inglobare tutta la comprensione possibile per poterlo affrontare, ma si sente ben lontano dall’essere preparato. Poi però fu illuminante per me la seguente promessa di Mary Baker Eddy contenuta in Scienza e Salute con Chiave delle Scritture: “Se l’allievo aderisce strettamente agli insegnamenti della Scienza Cristiana e non si azzarda ad infrangerne le regole, non potrà mancare di avere successo nel guarire” (pag. 448:30). Mi piacque tantissimo! Non diceva “l’allievo migliore, più intelligente o più esperto”; diceva solo “l’allievo”, ovvero tutti gli allievi, inclusa me.  Seguono poi solo due punti: 1) “aderisce strettamente agli insegnamenti della Scienza Cristiana” (non dice nulla sul dover conoscere tutto ciò che c’è da conoscere: questo mi dice che devo solo aderire a ciò che so), e 2) “non si azzarda ad infrangerne le regole” (con “non si azzarda” per me si riferisce al movente, ovvero desiderare di agire nel modo indicato da Dio, non da me stessa, prestando attenzione alle regole di Dio man mano che le imparo).  

Mi sembravano entrambi punti fattibili, e la promessa era che l’allievo “non potrà mancare di avere successo nel guarire”. Mi aggrappai a questa promessa e a ciò che sapevo sulla Verità, Dio.

Il giorno seguente iniziai un corso di nuoto, e le prime parole pronunciate dall’istruttrice furono una spiegazione sulla legge del galleggiamento. Quindi saltò in acqua e ce la dimostrò. Da quel momento non ebbi paura dell’acqua. Quella sera mio marito mi chiese come fosse andata la lezione di nuoto, e quando gli raccontai come si era svolta, lui, direttore di fisica presso un’università, rispose: “sì, è il Principio sul galleggiamento di Archimede”, e lo citò parola per parola.

Prima di andare a dormire, quella sera, lessi questo passo: “Lasciate che la Scienza Cristiana, invece del senso corporeo, sostenga la vostra comprensione dell’essere, e questa comprensione sostituirà l’errore con la Verità, la mortalità con l’immortalità, e ridurrà al silenzio la discordanza con l’armonia” (Scienza e Salute, pag. 495:27). Anche grazie alla lezione di nuoto, queste parole acquisirono significato per me. 

Mi dicevano che la Scienza Cristiana era la legge della totalità di Dio e mi avrebbe sostenuta (prima pensavo di dover essere io a sostenerla). E proprio come non dovevo sapere tutto ciò che c’è da sapere sul principio sul galleggiamento di Archimede, né dovevo essere in grado di citarlo parola per parola, per rimanere al sicuro in acqua, allo stesso modo non era necessario che io conoscessi ogni cosa che c’è da sapere sulla Scienza Cristiana per rimanere a galla. Dovevo solo riconoscere che si trattava di una legge divina, invariabile, basata sul Principio, e potevo confidare nel fatto che mi avrebbe sostenuta quando ne avessi rispettato le regole. All’improvviso mi sentii galleggiare.

A partire da quel preciso momento, presi ciò che sapevo di Dio, partendo dal fatto che l’Amore è immutabile e inarrestabile, e mi sforzai di ragionare in questo modo, con ogni singolo pensiero, e di applicarlo in ogni dettaglio della mia vita e in ogni situazione. Ragionai con questo genere di pensieri: “Siccome Dio è Amore ed è sempre presente, non posso mai trovarmi in alcuna circostanza troppo difficile per me. Essendo Dio un Padre-Madre amorevole, ci dà sempre tutto ciò di cui abbiamo bisogno (inclusi tutti i pensieri necessari). E siccome l’Amore è infinito e riempie tutto lo spazio, non posso in alcun modo trovarmi al di fuori della costante e amorevole cura di Dio”. Presto arrivarono guarigioni su tutti i fronti, e la mia crescita spirituale continuò.

Ripensai alle lezioni di algebra del liceo. L’insegnante spiegava ogni giorno un nuovo concetto e poi ci assegnava dei problemi da risolvere. Le soluzioni si trovavano in fondo al libro, ma dovevamo svolgere il lavoro concreto applicando ciò che avevamo appena appreso. Se non avessimo dimostrato quel concetto, non lo avremmo veramente compreso. Dimostrandolo, lo facevamo nostro. Da allora, questo mi ha aiutato ad affrontare i problemi della vita, riconoscendo che Dio è proprio qui con me e mi dà tutto ciò di cui ho bisogno per risolverli e per crescere spiritualmente.

Pensai molto anche a Mary Baker Eddy, la donna che scoprì le leggi della Scienza Cristiana. Similmente ad Archimede, che non fu subito in grado di verbalizzare la legge che aveva intuito, ma dovette studiare per comprenderla, così Mary Baker Eddy, una volta guarita da delle ferite molto gravi, realizzò che esistevano delle leggi divine dietro alle guarigioni di Gesù, leggi che potevano essere dimostrate. Tutto ciò che sapeva della sua guarigione all’epoca era che dopo aver letto una delle guarigioni di Gesù, aveva intuito che “la Vita nello e dello Spirito” era “la sola realtà dell’esistenza” (Miscellaneous Writings 1883–1896, pag. 24).

Il suo medico non poteva credere di vederla alzarsi e camminare. Questa guarigione fu strumentale alla sua scoperta della “Scienza del Cristo, o leggi divine della Vita, della Verità e dell’Amore” (vedi Scienza e Salute, pagg. 107–110). Per tre anni dopo la sua scoperta, si dedicò a cercare “la soluzione di questo problema della guarigione mediante la Mente”, esaminò “a fondo le Scritture”, e non lesse che “poche altre cose”, si tenne “lontana dalla società” e dedicò “tempo ed energia a scoprire una regola positiva”.

In quel periodo guarì una donna di nome Mary Gale che era gravemente malata (vedi Mary Baker Eddy: Christian Healer, Edizione ampliata, pagg. 77–78). Dopo la guarigione della donna, uno dei medici chiese a Mary Baker Eddy come avesse fatto. La risposta fu: “Non posso saperlo, è stato Dio”. Il medico allora disse: “Lo deve scrivere in un libro, pubblicarlo e darlo al mondo”. Più tardi, a casa, le capitò di leggere sulla Bibbia: “Così parla l’Eterno, l’Iddio d’Israele: Scriviti in un libro tutte le parole che t’ho dette” (Geremia 30:2).

Così consegnò la Scienza Cristiana al mondo attraverso il suo libro, Scienza e Salute con Chiave delle Scritture, e dedicò il resto della vita a guarire e ad insegnare agli altri a guarire mediante questo Principio divino, Amore divino. Inoltre fondò e fece sviluppare La Prima Chiesa del Cristo, Scientista.

Grazie al fatto che Mary Baker Eddy diede la Scienza Cristiana al mondo, sto scoprendo io stessa questa legge della totalità di Dio, e dall’esperienza che ho raccontato prima, ho deciso di dedicare la mia vita a comprendere meglio questa legge e a dimostrarla ad ogni passo lungo la via. È un viaggio gioioso, e ti invito ad unirti a me nella preghiera e nella dimostrazione di ciò che già conosci.

La missione de l’Araldo

L’Araldo della Scienza Cristiana fu fondato nel 1903 da Mary Baker Eddy. Il suo scopo è di “proclamare l’attività e la disponibilità universali della Verità”. La definizione di “araldo”, come indicata in un dizionario: “colui che avverte — un messaggero mandato avanti per annunciare l’approssimarsi di ciò che segue”, dà un significato particolare al nome Araldo ed inoltre indica il nostro dovere, il dovere di ognuno di noi, di vedere che i nostri Araldi assolvano alla loro responsabilità, una responsabilità inseparabile dal Cristo e annunciata per la prima volta da Gesù (Marco 16:15): “Andate per tutto il mondo e predicate l’evangelo ad ogni creatura”.

Mary Sands Lee, Christian Science Sentinel, 7 luglio 1956

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