Immagini minacciose del terrorismo e delle sue implicazioni spesso sembrano presentarsi davanti a noi ad ogni angolo. Molti temono gli estremisti con mire distruttive locali e globali; altri si confrontano con il terrorismo quotidianamente nelle comunità tormentate da gang di strada e crimine organizzato; altri ancora si sentono terrorizzati da gente senza scrupoli che si arricchisce sulla pelle degli oppressi. Qualcuno parla di vita colma di “terrorismo emotivo”, minacciata da depressione, malattia o dipendenza.
In una simile atmosfera di paura, ogni forma di terrorismo sembra prosperare, ma proprio in questa atmosfera creata dal terrore abbondano anche le benedizioni. Il richiamo della cristianità ci incita a rimboccarci le maniche e ad andare a fondo nella preghiera, e la Scienza divina del Cristo, come spiegata in Scienza e Salute, offre spunti spirituali in questa direzione. Qui Mary Baker Eddy scrisse: “Le dure esperienze che provengono dalla credenza nella presunta vita della materia, come pure le nostre delusioni e i nostri dolori incessanti, ci fan volgere come fanciulli stanchi alle braccia dell’Amor divino. Allora cominciamo a conoscere la Vita nella Scienza divina“ (Scienza e Salute, pag. 322:32).
È molto importante approfondire l’associazione tra lotta al terrorismo, comunità e chiesa: tale triplice missione può accendere il fuoco della sincera compassione in tutti gli uomini e tutte le donne e può guidare l’espressione creativa e l’azione produttiva. L’impulso cristico di offrire parte di se stessi a beneficio del prossimo, sostenuto dalla Scienza divina che dà forma a tale impulso e lo spinge, può sconfiggere il terrore di ogni tipo.
Le minacce diventano opportunità
In veste di istruttore nella lotta al terrorismo per il governo degli Stati Uniti, viaggio spesso per il mondo, lavorando con Paesi la cui maggior preoccupazione è il terrorismo. Che io sia in Azerbaijan, in Ghana o in Cambogia e che io abbia a che vedere con le forze militari di un Paese, con le forze dell’ordine o con i media, arrivo sempre alla stessa conclusione: il terrorismo porta minacce, sfide ed opportunità che dobbiamo cogliere in un modo olistico—con azioni positive e non con reazioni basate sulla paura.
Il terrorismo spesso opera quale infausto “potere del singolo” (la pazzia di un uomo, un gruppo o un movimento) che arreca gravi danni alla società ed in virtù di natura e origini misteriose, forza la lotta al terrorismo a mettere da parte piani, ideologie e preziose credenze personali. Nei seminari tenuti dalla mia organizzazione, i partecipanti spesso rappresentano diverse fazioni, diverse ideologie e orientamenti politici in conflitto. L’atmosfera iniziale è spesso caratterizzata da un senso di frustrazione, seguita dalla fase dell’umiltà, in cui la maggior parte dei partecipanti ammette di non conoscere “la risposta”. Qui trovo che il grandioso “potere dell’Uno”—dell’unica Mente divina—può sicuramente e costantemente emergere. Come dice la Bibbia: “Voi mi [Dio] cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il vostro cuore” (Geremia 29:13).
Quando durante un seminario la conversazione arriva al tema della causa ultima del terrorismo, invariabilmente terminiamo concordando che i veri motivi si muovono ben al di sotto di quelli che appaiono in superficie e qui è d’aiuto vedere come Cristo Gesù sia stato un maestro nel penetrare le apparenze e discernere i motivi che si celavano dietro all’azione umana. Tenendo a mente il suo esempio, dovremmo chiederci se l’odio possa mai essere un motivo principale. Essenzialmente, la gente odia per paura di perdere qualcosa di amato; in questo senso l’odio può di fatto essere un’espressione fuorviante di amore, un correggibile sbaglio di direzione.
La Scienza Cristiana spiega che i sette sinonimi di Dio—Principio, Mente, Anima, Spirito, Vita, Verità e Amore—indicano gli elementi del potere divino: come tali, possono essere visti come la vera forza motivazionale principale dell’umanità. L’espressione umana di questo potere può variare da persona a persona, ma parlando in assoluto, l’impulso più profondo deve rimanere costante in ciascuno di noi, anti-terroristi e terroristi allo stesso modo.
Percepire questo fatto spirituale quando si assiste ad atti terroristici, offre il vantaggio di sapere come lavorare per il progresso: mentre alcuni inveiscono contro i terroristi che sono tutti “cani furiosi che devono essere ammazzati”, voci più calme controbattono con autorità con frasi come: “il terrorismo è un conflitto di classe. È un conflitto tra “chi ha” e “chi non ha”, soprattutto è una guerra di idee”. Quando sentiamo queste cose nei seminari, molte teste annuiscono. Quello che io scorgo in questi attacchi alla “verità” è una determinazione a scavare a fondo ed una volontà ad ascoltare ispirazioni più elevate. Scorgo una legge di progresso al lavoro verso il riconoscimento finale della natura di Dio espressa in quei sette sinonimi, quale base di pensiero ed azione umani.
Un’altra protesta che tipicamente viaggia insieme alle preoccupazioni relative alla “causa ultima” da parte dei partecipanti ai seminari è: “Non possiamo consentire a noi stessi di rimanere terrorizzati! Non possiamo consentire al terrore di ingannarci con prospettive di distruzione”. Dietro a questa affermazione, io scorgo un impulso ancora più alto: desideriamo credere che l’uomo e la donna che Dio ha creato non possano venir terrorizzati! Non è possibile distruggere l’identità spirituale e reale di nessuno. La Bibbia assicura: “Tu non temerai lo spavento notturno, né la saetta che vola di giorno, né la peste che va attorno nelle tenebre, né lo sterminio che infierisce in pien mezzodì” (Salmo 91:5-6).
Dove il terrorismo non può penetrare
Un principio comunemente accettato nella pianificazione delle campagne contro il terrorismo è che le azioni offensive contro i terroristi continuano a provocarli, impedendogli così di essere preventivi. Riflettendo su questo concetto recentemente, mi è venuta alla mente la sua base spirituale: la luce non permette l’oscurità, il buio di un armadio chiuso da un secolo non riesce a riversarsi in una stanza piena di luce. Quando esprimiamo attivamente il nostro più alto senso di giustizia, l’oscurità—che si manifesti come paura, dolore o terrore—non riesce ad entrare. Vi è una reale libertà nel fare ciò che è giusto senza temerne le conseguenze. Possiamo reclamare la libertà solamente attraverso l’azione che si basa su di uno scopo più alto e non reagendo ad impulsi causati dalla paura.
Il terrorismo, qualsiasi forma assuma, prova inizialmente ad impressionarci, poi a paralizzarci, infine a manipolarci. È una scorciatoia umana imperfetta per sopravvivere e per controllare la vita in un mondo apparentemente Darwinista. Ho sperimentato questo fenomeno recentemente sostenendo il lavoro umanitario in Birmania, dove tribù etniche di montagna sono sotto attacco da parte delle forze di governo. Mentre le forze armate della dittatura birmana hanno fatto del loro meglio per terrorizzare le popolazioni contadine in questa campagna di repressione che dura da decenni, l’atteggiamento di un particolare gruppo etnico (i Karen) è significativo: possiedono un’ostinata determinazione a non reagire al terrore che spesso è troppo raccapricciante da descrivere.
Un movimento tra i Karen, i Free Burma Rangers, rappresenta al meglio questo straordinario atteggiamento con il suo motto “Non odiare. Amarsi gli uni gli altri. Mai arrendersi”. Queste parole contengono il fondamento di una efficace lotta al terrorismo, e sono coerenti con le parole di Giovanni: “Chi ama il suo fratello dimora nella luce e non v'è in lui nulla che lo faccia inciampare” (Prima Epistola di Giovanni 2:10). Sembra che la repressione del governo abbia portato questa gente resistente ad una comprensione spirituale avanzata per cui il terrorismo non può impressionare, paralizzare o manipolare. È una prospettiva benedetta ed un modello ispirato per tutti coloro che lottano contro il terrore sotto qualsiasi forma.
Il servizio impedisce un senso di autocompiacimento
Gesù disse: “Nessuno ha amore più grande che quello di dar la sua vita per i suoi amici” (Giovanni 15:13). Nonostante egli possa essersi riferito principalmente alla sua missione, le sue parole sono un modello su come agire di fronte al terrore. Me ne sono reso conto quando, alcuni anni fa, due soldati delle Forze Speciali del mio commando precedente, fecero il loro sommo sacrificio nelle strade di Mogadiscio in Somalia, dando la propria vita nel tentativo di salvare i compagni di armi. La loro determinazione a fare ciò che era giusto quel giorno e l’altrettanto risoluta decisione delle loro mogli e dei commilitoni fino ad oggi, testimoniano il potere straordinario di un concetto di uomo più elevato. Nella coppa traboccante dell’espressione del Cristo, l’ideale divino della mascolinità e femminilità spirituali, non c’è spazio per null’altro e la preghiera basata su questo concetto più elevato di mascolinità e femminilità è “l’azione offensiva finale”, contro cui il terrorismo non può vincere.
Mary Baker Eddy scrisse: “È triste che la frase servizio divino sia venuta così generalmente a significare culto pubblico invece di opere quotidiane” (Scienza e Salute a pag. 40:32). La sua osservazione addita alla compiacenza in un’epoca che richiede compassione per il prossimo e passione per l’azione. Non ha senso guardare a destra o a manca di questa questione, perché Dio ha posto l’onere su ciascuno di noi: probabilmente non saremo mai chiamati a sacrificare la vita come quegli uomini a Mogadiscio, ma è naturale domandarsi: cos’altro possiamo fare per arginare il terrorismo?
Possiamo iniziare, individualmente e collettivamente, a vedere la chiesa come un verbo attivo e potremmo chiedere a noi stessi, come stiamo “facendo chiesa” nella nostra comunità? La chiesa, nella sua piena espressione spirituale, è in effetti direttamente all’opposto del terrorismo, è l’amore di Dio in azione. I terroristi prendono astutamente di mira le società. Ma la Chiesa—come “struttura della Verità e dell’Amore; tutto ciò che si fonda e proviene dal Principio divino” (Scienza e Salute, pag.583:14)—“prende di mira” le comunità con il potere dell’Amore divino e replica al male con spinte di saggezza. Potremmo chiedere a noi stessi se il nostro “fare chiesa” si accorda e mantiene il passo con le necessità del tempo.
Esempi cristiani
L’anno scorso, mentre lavoravo nella regione di confine tra Tailandia e Birmania, ho visto una delle migliori espressioni di vera Chiesa: un mio amico americano lavora con la famiglia nelle retrovie, aiutando la popolazione montana perseguitata, sia spiritualmente sia in pratica. Il loro particolare credo religioso non è ciò che conta. Ciò che conta è la loro semplice cristianità che si riflette nella decisione di rendersi quotidianamente disponibili ad accudire i rifugiati malati, indifesi e senzatetto che hanno subito l’incendio dei loro villaggi. Questo per me è l’Amore divino espresso in azione che comunica e guarisce. Il loro è un esempio di come “fare chiesa sulla base degli effetti”, in modo chiaro e con alti scopi. Il loro lavoro è far crescere e riguadagnare le comunità ed impedire la violenza reattiva a livello della gente comune: questa è un’efficace lotta al terrorismo che benedice il prossimo proprio nel cuore delle avversità e che mi ricorda la promessa biblica “Rimetti le cose tue nell’Eterno, e i tuoi disegni avran buona riuscita” (Proverbi 16:3).
La Scienza Cristiana smaschera il terrore e le sue pratiche per ciò che sono—l’errore umano radicato nella credenza che la vita sia materiale; e la Scienza Cristiana rivela anche il fatto che poiché il terrore non è di Dio, non è un potere reale. Questa luce di Verità ci mette in grado di intraprendere con fiducia la lotta contro il nemico. Dio ci ha creati retti e liberi per scopi che vanno oltre al miglioramento personale e che possano portare benedizione al prossimo. Ciascuno di noi è chiamato ad alzarsi contro il terrore, in qualsiasi forma esso ci appaia.