L’impiego è una questione estremamente individuale perché fondamentalmente si tratta di occupare o utilizzare le qualità di pensiero, i talenti e le abilità che ciascuno di noi possiede a beneficio degli altri. Il lavoro gioca un grande ruolo nella vita della maggior parte delle persone. Può essere un’esperienza molto gratificante oppure gravata da insuccessi, frustrazione e conflitti. Può implicare relazioni molto soddisfacenti con i colleghi o essere un costante campo di battaglia di ego, volontà, ambizioni, pressioni e potere. E poi c’è la terrificante e debilitante esperienza di non riuscire a trovare un lavoro o di perderlo.
Ho provato tutto ciò nel corso della mia carriera e lungo la strada ho appreso diverse lezioni e acquisito alcune prospettive spirituali che mi hanno consentito di rendere il mio percorso costruttivo e spesso di amare davvero il mio lavoro. Non esiste una “bacchetta magica” per la persona che sta cercando un lavoro o per chi sta combattendo in una situazione lavorativa estremamente infelice. Ma ci sono strumenti e tecniche comunemente riconosciuti utili nella ricerca di un impiego. Io sono in grado di offrire alcune prospettive che so che possono fare una differenza notevole. Non a caso implicano un cambiamento a livello di pensiero.
Per prima cosa dobbiamo abbandonare l’idea di essere una “vittima”. Se crediamo di essere vittima di un caso, della sfortuna, di una cattiva tempistica, delle circostanze, della buona o cattiva condotta altrui, oppure della recessione, di qualche altro ciclo economico o delle decisioni di qualcun altro, nulla di costruttivo ne potrà derivare.
In secondo luogo, dobbiamo abbandonare la nozione comunemente accettata di limitazione o privazione. Potremmo pensare che non ci sono posti o buoni impieghi a sufficienza, che la domanda di lavoro è maggiore rispetto all’offerta o che siamo in competizione con altri per lo stesso tipo di lavoro. Potremmo anche credere di avere limitate opportunità a causa dell’istruzione (insufficiente o eccessiva), dell’età (troppo giovani o troppo vecchi), dell’esperienza pregressa (non abbastanza o troppa). Magari le circostanze indicano che i nostri limiti riguardano ubicazione, trasporto o addirittura il nostro stesso carattere. Le radici per una nuova crescita non prosperano nella terra delle limitazioni.
Entrambi questi modi di pensare si basano sul concetto di un’economia improntata sulla materia e di noi stessi come esseri relativamente indifesi, imprigionati nella rete di qualcosa fuori dal nostro controllo e addirittura fuori dal controllo di Dio!
Il rimedio consiste nello scrutare più in profondità, nello scendere sotto la superficie di ciò che sembra essere un’economia materiale, che spesso sembra caotica e fragile. Dobbiamo prendere consapevolezza di un’economia molto più stabile e sostenibile—un’economia di idee infinite basata sul Principio divino, l’Amore. Dobbiamo essere disponibili a considerare l’Amore divino come base di ogni aspetto del lavoro—quale fonte di importanza, opportunità, abilità, produttività, profitto e ricompensa.
Per me, la meraviglia dell’Amore divino, come ne parla Mary Baker Eddy in Scienza e Salute con Chiave delle Scritture, sta nel fatto che è “imparziale e universale nei suoi adattamenti e nelle sue elargizioni” (pag. 13:2), oppure come scritto nell’Epistola di Giacomo, nella Bibbia, in relazione a Dio, nel fatto che: “ogni donazione buona e ogni dono perfetto vengon dall'alto, discendendo dal Padre degli astri luminosi presso il quale non c'è variazione né ombra prodotta da rivolgimento” (Giacomo 1:17). Il lavoro è una manifestazione spirituale di Dio che non è mai negata, portata via o perduta.
L’Amore divino non ha preferenze: nessuno viene lasciato fuori dall’economia dell’Amore. Nessuno manca di obiettivi, opportunità, abilità, produttività, profitto o ricompensa. Ma questa occupazione deve essere un’espressione di amore che si basa su un desiderio di benedire e di offrire un servizio al prossimo, di rispondere alle sue necessità. Il lavoro, nell’economia dell’Amore divino, è un atto di generosità. Non ha a che fare col ricevere, ma col dare; non riguarda il nostro appagamento, ma l’appagamento altrui; non riguarda il diventare ricchi, importanti o potenti, ma il servire. Non è nemmeno un modo per guadagnarsi da vivere: ha a che fare col vivere.
Sono arrivato a credere che l’occupazione è una parte così importante della vita umana proprio perché si basa interamente sul secondo grande comandamento che Gesù diede quando gli domandarono: “Maestro, qual è, nella legge, il gran comandamento”? (vedere Matteo 22:36-39). E' di amare il prossimo come noi stessi (il primo è che dobbiamo amare Dio). Il lavoro può aiutarci molto nel rispettare il secondo comandamento.
Se stiamo pensando a come fare per avere sempre un impiego, dobbiamo porci l’ovvia domanda: chi è il nostro datore di lavoro? La maggior parte dei lettori di questa rivista probabilmente risponderà: “Dio è il nostro datore di lavoro” e ovviamente ha ragione, tuttavia mi è stato d’aiuto approfondire ulteriormente questa idea e capire perché credo che questo sia vero.
Per me, la risposta è che esprimere il bene infinito e donare infinite benedizioni, imparzialmente ed universalmente, fa parte della natura dell’Amore divino. E l’unico modo in cui Dio può fare questo è occupando—o utilizzando—in modo continuo tutte le Sue idee, tutti i Suoi pensieri, in questo santo lavoro.
Dio dà lavoro a noi, la Sua progenie, per esprimere attivamente, deliberatamente e in modo produttivo la Sua onnipresenza. È la natura infinita dell’Amore divino e la natura incessante dell’espressione dell’Amore che rende l’occupazione continua e universale una realtà. Se voi ed io fossimo mai disoccupati, Dio non esprimerebbe appieno la Sua totalità.
Quando pensiamo all’occupazione in questi termini, ci rendiamo conto che dobbiamo andare oltre il nostro concetto limitato di lavoro, verso una concezione spirituale di impiego come utilizzo di tutte le risorse dell’essere per benedire. Dobbiamo rivendicare il nostro possesso di obiettivi, opportunità, abilità, produttività, profitti e ricompense infiniti.
Secondo me, la definitiva “dichiarazione di visione per tutta l’umanità”—che garantisce a ognuno il lavoro —si trova in queste parole di Scienza e Salute: “Un Dio infinito, il bene, unifica uomini e nazioni; costituisce la fratellanza dell’uomo; mette fine alle guerre; adempie il detto delle Scritture: “Ama il tuo prossimo come te stesso”; annienta l’idolatria pagana e cristiana—tutto ciò che è ingiusto nei codici sociali, civili, criminali, politici e religiosi; stabilisce l’uguaglianza dei sessi; annulla la maledizione che pesa sull’uomo, e non lascia nulla che possa peccare, soffrire, essere punito o distrutto” (pag. 340:26).
Essere occupato nell’adempiere questa visione è proficuo e non ha termine.