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Oltre la fede

Da L'Araldo della Scienza Cristiana - 1 aprile 2010

Tradotto da The Christian Science Journal, novembre 2009


Come practitioner della Scienza Cristiana ed anche nel mio ruolo di supporto legale ai Comitati di Pubblicazione in tutto il mondo, ho frequentemente l’opportunità di parlare in pubblico della Scienza Cristiana. Coloro che hanno poca o nessuna familiarità con essa, tendono a pensare che il trattamento nella Scienza Cristiana consista semplicemente nella guarigione tramite la fede: tale supposizione non solo è imprecisa, ma può anche costituire un impedimento all’approfondimento della Scienza Cristiana da parte di chi, invece, potrebbe esserne interessato. È importante che questa falsa supposizione venga corretta per tutti coloro che desiderano dimostrare in modo affidabile il metodo di guarigione cristianamente scientifico insegnato da Gesù (sul quale si basa la Scienza Cristiana). Ogni scientista cristiano ha la magnifica opportunità di mostrare con la propria pratica la distinzione tra la guarigione attraverso la fede e quella nella Scienza Cristiana.

La parola fede è ripetutamente usata nella Bibbia in contesti di guarigione, soprattutto nel Nuovo Testamento. Pensiamo ad una storia che appare in tre dei quattro Vangeli e che descrive l’occasione in cui Gesù fu avvicinato da un uomo perché guarisse suo figlio dall’epilessia, che gli provocava frequenti e violente crisi. L’uomo spiegò a Gesù che aveva portato il figlio prima dai discepoli, ma essi non erano stati in grado di guarirlo.

Se il potere di guarire fosse stato un dono unicamente di Gesù, egli avrebbe semplicemente guarito il ragazzo e proseguito con i suoi impegni, ma non è ciò che accadde. Al contrario, Gesù aveva insegnato ai suoi discepoli a guarire e la risposta che diede loro evidenziò il suo rammarico per il loro fallimento. Nella sua ammonizione ai discepoli, Gesù fece riferimento alla loro fede quando disse: «O generazione incredula e perversa! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando vi sopporterò? Menatemelo qua» (Matteo 17:17).

Intravedendo l’opportunità di insegnare qualcosa ai discepoli ed alla moltitudine attorno, Gesù si rivolse al padre del ragazzo e disse: «Ogni cosa è possibile a chi crede». Il padre rispose in lacrime: «Io credo; sovvieni alla mia incredulità» (Marco 9:23,24). Gesù rimproverò quindi il male ed il ragazzo guarì immediatamente.

    Che cosa fu dunque che consentì a Gesù di guarire il figlio di quell’uomo mentre i discepoli non ne erano stati capaci? Certamente i discepoli devono aver posseduto un po’ di fede, altrimenti non avrebbero pensato di poter guarire il figlio dell’uomo. Tuttavia, chiaramente questo non era sufficiente, e loro lo sapevano. Desiderando comprendere perché avevano fallito nel guarire il ragazzo, essi più tardi chiesero a Gesù perché non avevano avuto successo. Gesù rispose: «A cagion della vostra poca fede; perché in verità io vi dico: Se avete fede quanto un granel di senapa, potrete dire a questo monte: Passa di qua là, e passerà; e niente vi sarà impossibile. Questa specie di demoni non esce se non mediante la preghiera e il digiuno» (Matteo 17:20,21, nota 1).

La risposta di Gesù ai discepoli fa riferimento sia al credere sia all’aver fede, ma in realtà suggerisce un livello più profondo di pensiero che proviene dalla comprensione spirituale. Infatti, era questa comprensione che consentiva a Gesù di «rimproverare» la malattia. Egli non accettò mai che la malattia fosse la volontà di Dio né che fosse in qualche modo inevitabile, ma guarì il ragazzo sulla base del fatto che la condizione fisica non derivava da Dio e perciò non aveva nessun potere legittimo di colpire il ragazzo, perché era contraria alla sua natura ed essenza spirituale di immagine e somiglianza di Dio.

Il paragone che Gesù fece tra il tipo di fede ed il minuscolo seme di senape servì ad illustrare che la fede alla quale si riferiva non dipendeva dalla quantità di preghiere o da un qualche rituale, né era un pio desiderio o una richiesta speranzosa che il ragazzo migliorasse, piuttosto era una chiara convinzione e comprensione che il ragazzo era già spirituale e perfetto.

Inoltre, Gesù spiegò che questa comprensione deriva dalla preghiera e dal digiuno, implicando che una preparazione di pensiero e di cuore è essenziale alla guarigione. In questo contesto, il digiuno suggerisce la necessità di abbandonare l’idea che la vita dipenda dalla materia per immergersi spiritualmente nella comprensione della Vita come Dio. È certamente questa separazione dalla materia che permette di acquisire la capacità di guarire da una condizione fisica in modo affidabile ed efficace.

Ci deve essere stato qualcosa di significativo negli insegnamenti di Gesù poiché la Bibbia segnala che molti dei suoi discepoli più tardi proseguirono diventando guaritori formidabili. Mary Baker Eddy, Scopritrice della Scienza Cristiana, fondò la sua chiesa con lo scopo di ristabilire la guarigione cristiana originariamente praticata, e anche lei fece frequentemente riferimento alla fede in relazione alla guarigione.

Ma di quale fede parlava Mary Baker Eddy? Ella notò che il termine fede ha due definizioni molto diverse l’una dall’altra, e scrisse: «In ebraico, in greco, in latino e in inglese, la parola fede e le parole che vi corrispondono hanno questi due significati: essere pieno di fiducia ed essere degno di fiducia. Un tipo di fede affida il proprio benessere ad altri. Un altro tipo di fede comprende l'Amor divino e come compiere la propria « salvezza con timore e tremore ». « [Signore], io credo; sovvieni alla mia incredulità! » esprime l'impotenza di una fede cieca; mentre l'ingiunzione: «Credi... e sarai salvato!» esige che si sia degni di fiducia e sicuri di noi stessi, e ciò include la comprensione spirituale e affida tutto a Dio» (Scienza e Salute, pag. 23).

Grazie a questa spiegazione ho compreso che la fede necessaria alla guarigione è più di una fiducia cieca in Dio. Di fatto Mary Baker Eddy fu molto chiara nel classificare forme minori di fede non solo come indesiderabili, ma addirittura pericolose. Per esempio, trovò che la fede «cieca» o «umana» è inefficace nella pratica della Scienza Cristiana. Ella affermò: «Dovremmo noi implorare un Dio corporeo di guarire i malati per Suo volere personale, o dovremmo invece comprendere l'infinito Principio divino che guarisce? Se non ci eleviamo più in alto della fede cieca, non raggiungeremo la Scienza della guarigione, e non potremo comprendere l'esistenza-Anima in luogo dell'esistenza-senso» (Scienza e Salute, pag 167).

Questo passaggio mette a confronto una forma cieca di fede con la comprensione dell’infinito Principio divino che guarisce, e conferma che la guarigione è più che semplicemente un pensiero positivo o una speranza dogmatica che Dio riparerà un corpo materiale.

Mary Baker Eddy equiparò la fede cieca all’ipnotismo, ovvero una forma di controllo sulla mente, e riconobbe che nonostante possa portare un sollievo temporaneo, questa pratica non conduce ad una guarigione durevole e addirittura potrebbe portare a ben più grandi sfide. Ella scrisse ancora: «… la fede, associandosi alla credenza negli effetti guaritori del tempo e dei farmaci, calmerà la paura e cambierà la credenza nella malattia in una credenza nella salute. Anche una fede cieca elimina i mali fisici per un certo tempo, ma l'ipnotismo cambia questi mali in nuove e più difficili forme di malattia» (Scienza e Salute, pag.398).

Qui la fede cieca non è forse equiparata ai medicinali, suggerendo così che la fede nelle medicine non è niente più che una forma diversa di guarigione mediante la fede? Di fatto, ella avvisa che la fede nella medicina è soggetta agli stessi pericoli ed errori di qualsiasi altro sforzo basato sulla fede la cui premessa non sia la comprensione delle leggi spirituali in atto. Al contrario, la guarigione che Gesù insegnò e dimostrò, risulta dalla comprensione che siamo fatti nella somiglianza immutabile ed eterna di Dio, il bene, come espresso chiaramente nel primo capitolo della Genesi. Questa somiglianza è spirituale, non materiale. La comprensione non solo di chi  Dio sia, ma della nostra stessa natura e relazione con il nostro Padre-Madre, è essenziale per la nostra crescita e per la capacità di dimostrare in modo affidabile la guarigione nella Scienza Cristiana.

Mary Baker Eddy spiegò che tutta la guarigione avviene attraverso la Mente divina, altro nome che usava per Dio. Ella spiegò che «La Scienza non solo rivela che l'origine di tutta la malattia è mentale, ma dichiara anche che tutta la malattia viene guarita dalla Mente divina. Non vi può essere altra guarigione se non per mezzo di questa Mente, malgrado la fiducia da noi riposta in una medicina o in qualsiasi altro rimedio a cui ricorrano la fede o lo sforzo umano» (Scienza e Salute, pag.169). Riconoscendo la Mente quale fonte della guarigione, ella legò la guarigione a qualità come intelligenza, sicurezza, fiducia e conoscenza. Le qualità opposte di paura, dubbio incertezza o ignoranza non evolvono dalla Mente, ma dalla fragilità di una fede cieca. Con questa distinzione, diventa più facile vedere che la guarigione non si manifesta attraverso un pio desiderio, la fortuna o la concentrazione del pensiero su un’immagine di buona salute. Essa si manifesta grazie ad una cosciente applicazione alla condizione umana delle verità spirituali che, in ogni caso, dissolvono l’immagine mentale di discordanza suggerita dai sensi materiali.

Nei suoi tardi 80 anni, Mary Baker Eddy colse l’opportunità di spiegare la distinzione tra la guarigione nella Scienza Cristiana e la guarigione attraverso la fede, sottolineando quanto fosse importante che tutti la capissero. Ella scrisse: «la Scienza Cristiana non è una cura attraverso la fede e a meno che la fede umana non venga distinta dalla guarigione scientifica, la Scienza Cristiana sarà nuovamente perduta dalla pratica della religione come successe subito dopo il periodo degli insegnamenti e della pratica scientifici del nostro grande Maestro. La predicazione senza la pratica del Principio divino dell’essere umano non è risultata, in mille e novecento anni, nella dimostrazione di questo Principio. La predicazione senza la pratica veritiera e coerente delle vostre affermazioni distruggerà il successo della Scienza Cristiana» («Principle and Practice» [Principio e pratica] in seguito pubblicato ne The Christian Science Sentinel, 1 settembre 1917, pag. 10).

Questa affermazione è un suono di tromba oggi, in modo particolare ora che il mondo lotta con dichiarazioni materiali sempre crescenti, che desiderano etichettare la guarigione spirituale come una novità per il passato, ma che non ha rilevanza per la società contemporanea. Ognuno di noi ha la capacità data da Dio di elevarsi al di sopra della fede cieca, fino alla affidabilità e alla sicurezza che derivano dalla comprensione spirituale. È impossibile non apprezzare pienamente ciò che la pratica coerente di tale comprensione può fare per il mondo.


Ken Bemis è practitioner della Scienza Cristiana e consulente legale per la Chiesa del Cristo, Scientista, di Boston, Massachusetts. Abita a Sherwood, Oregon, USA.

La missione de l’Araldo

L’Araldo della Scienza Cristiana fu fondato nel 1903 da Mary Baker Eddy. Il suo scopo è di “proclamare l’attività e la disponibilità universali della Verità”. La definizione di “araldo”, come indicata in un dizionario: “colui che avverte — un messaggero mandato avanti per annunciare l’approssimarsi di ciò che segue”, dà un significato particolare al nome Araldo ed inoltre indica il nostro dovere, il dovere di ognuno di noi, di vedere che i nostri Araldi assolvano alla loro responsabilità, una responsabilità inseparabile dal Cristo e annunciata per la prima volta da Gesù (Marco 16:15): “Andate per tutto il mondo e predicate l’evangelo ad ogni creatura”.

Mary Sands Lee, Christian Science Sentinel, 7 luglio 1956

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